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La filosofia del sole – di Michela Zanarella . Recensione e intervista

La filosofia del sole, Michela Zanarella, Edizioni Ensemble, 2020

“Nominare tutte le cose / anche le più dolorose / luce / e chiamare nettare la vita / a ogni respiro”. I versi iniziale della seconda poesia del libro di Michela Zanarella sono ineludibili. Se ne percepisce la verità e quindi colpiscono ancora di più, soprattutto in quest’epoca in cui la tendenza ai crepuscoli e ai coprifuochi, reali e metaforici, dilaga e impera. Vale la pena soffermarci sui vari termini di questa sollecitazione, questa dichiarazione di intenti e di poetica, filosofia da applicare ai pensieri e alle azioni quotidiane. “Nominare le cose” è il fardello e il privilegio della scrittura, dell’arte, della poesia. Dare un nome alle cose le strappa al caos e all’oblio ma richiede anche un esercizio di assoluta immedesimazione, senza trucchi da ciarlatano, senza sconti, senza scorciatoie. Quindi, se si vuole cercare il lato assolato dell’esistere, quello per cui vale la pena alzarsi, vestirsi ed uscire dalle nostre comode case-galera, bisogna nominare tutte le cose, anche le più dolorose, luce. Per farlo non basta desiderarla, bisogna esserlo. Bisogna diventare noi stessi luce. Compito di immenso impegno, percorso impervio. Ma la strada è percorribile, questo libro lo conferma. E, come spesso accade, la meta è il cammino non un luogo preciso in cui arrivare. La ricompensa è quel nettare della vita. Che non è soltanto la gioia, ma l’accettazione del tutto, del bene e del male, del piacere e del dolore. Se riusciremo a fare questo, “non ci spaventeremo della notte / o della polvere che insegna alla terra / l’estensione delle nuvole”.
Come opportunamente ha rilevato Dante Maffia nella prefazione, questo libro rappresenta una svolta, o perlomeno una significativa mutazione di rotta nella scrittura e nel modo di percepire il mondo da parte di Michela Zanarella: “La filosofia del sole rinnova il rapporto della poetessa con il mondo, che muta l’originario sguardo malinconico e a volte addirittura triste, in un qualcosa di dinamico”. L’etimologia della parola “filosofia”, amore per la saggezza, può esserci utile, in questo contesto. Forse la vera saggezza è sapere cogliere “l’alba che confine con il sole”, e viceversa, percependo non solo l’alternanza ma anche la coesistenza di buio e luce. Sapendo che ognuno dei due elementi contrapposti ha senso solo in presenza dell’altro. Facendo riferimento a Mario Luzi, Maffia parla delle “controversie”, anche di quella controversia al cui fuoco siamo costantemente soggetti. “Un attimo, uno solo / accaduto e inaccaduto rifondersi, /finché insensibilmente non c’è altro, / quel fuoco, quell’acqua, quegli elementi”. Il poeta fiorentino parla di rifondersi, quasi un riforgiarsi per rinascere. Michela Zanarella accoglie la lezione e riforgia il suo scrivere all’insegna della ricerca del sole, della luminosità che pervade tutto, anche il dolore. È necessario ripetere questo concetto perché è un punto chiave, un ostacolo da superare, o meglio una porta da aprire tramite un gesto lieve e preciso.
Il linguaggio di questo libro tende all’essenzialità. Prosegue con coerenza, Michela, il processo di sfrondamento degli orpelli per giungere più leggeri a quel punto in cui è più facile guardare, cercare, percepire il mistero. La bellezza del cielo va raccolta da terra, ossia dalla realtà, ci suggeriscono alcuni versi. Di conseguenza è lineare, concreto, il linguaggio. Le “illuminazioni” (termine del tutto consono) non nascono da elucubrazioni o simbolismi complessi. Spuntano, potremmo dire sbocciano, come fiori di campo, senza forzature, senza intricati innesti. E accade che in un vasto prato di versi che ci conducono come viaggiatori verso gli appuntamenti con la luce, ci si trovi di fronte a descrizioni o sintesi di notevole forza, anche estetica: “il cuore è attratto da echi di sole / e l’amore si avvicina / a un’ipotesi di stelle”. La progressione conduce a un crescendo e a quel verso, quella ipotesi di stelle che, oltre ad essere assolutamente apprezzabile per la bellezza dei termini e dei suoni, è anche una sintesi adeguata, potremmo dire “programmatica”. Ipotizzare le stelle vuol dire non solo pensarle, immaginarne la possibilità. Vuol dire crearle, nominarle, dare loro vita nell’attimo in cui noi stessi traiamo energia e sussistenza da loro, in particolare dalla stella per antonomasia, il Sole, quasi sinonimo di vita, per gli umani.

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A TU PER TU – Chiara Zanetti

Molti gli spunti di interesse che nascono dalle risposte di Chiara Zanetti alle cinque domande della rubrica A TU PER TU.
Di Chiara mi ha sempre colpito la capacità di abbinare la ricerca di leggerezza, divertimento e convivialità ad un’efficienza che verrebbe da definire di stampo “teutonico”. Ma non c’è bisogno di andare oltre confine. Diciamo un’efficienza che anche noi abitanti di questa strana Penisola a tratti sappiamo avere, quando ci svegliamo dal lato giusto.
Chiara non ha cercato scorciatoie: ha saputo ottenere risultati con dedizione e applicazione, mai ottusa o asettica, sempre all’insegna della gentilezza e del dialogo.
Anche nelle risposte all’intervista ha confermato queste caratteristiche: con grande sincerità e chiarezza ci parla di sé e dello “specchio in forma di parole” di un libro in cui, scrutando dentro se stessa e dentro un proprio “lutto”, finisce per parlare di tutti noi, di quello che fatalmente perdiamo, senza mai perderlo del tutto, forse, della fragilità e della persistenza, dell’interiorità, della paura (attuale, oggi e sempre) e della tenace volontà di guardarsi dentro trasformando la perdita e lo smarrimento in ricerca di espressione e di dialogo.
Anche in questo caso, se volete e potete, leggete le risposte nella loro interezza e nel contesto che ben delinea i chiaroscuri, il buio e la ricerca di spiragli di luce.
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A TU PER TU

UNA RETE DI VOCI

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5 domande

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Chiara Zanetti

 

1 ) Il mio benvenuto, innanzitutto.

Puoi fornire un tuo breve autoritratto in forma di parole ai lettori di Dedalus?

Caro Ivano, grazie per l’ospitalità. Sai, nella mia vita sono sempre stata dalla parte dell’intervistatrice, della giornalista e mai il contrario, salvo un paio di importanti eccezioni.

Un mio autoritratto… Forse un’isola, circondata da pareti di mare, ma in continua ricerca di scambi con la terraferma. È significativo, peraltro, il mio rapporto con le periferie e l’insularità come identità liminale, ma non è questo il momento di dilungarmi in merito…

Caso vuole che stessi parlando proprio ieri con un caro amico scrittore di come i dipinti che alcuni artisti hanno realizzato ispirandosi alla mia figura siano in realtà troppo semplici per cogliere la mia essenza profonda. Credo infatti di essere (come tutti o quasi, in realtà) una persona complessa, densa di sfumature, contraddizioni, iperboli, svalutazioni…. Ma anche accrescitivi, vezzeggiativi, diminutivi. Una sorta di grammatica della persona… E non scordiamoci del binomio con l’analisi! Mi piace molto tentare di capire il mondo, questo è tutto quello che so di me e che ha ispirato il percorso che mi accingo a cominciare a gennaio 2021, ovvero il Master triennale in Counseling presso Aspic.

2 ) Ci puoi parlare del tuo ultimo libro (o di un tuo lavoro recente che ti sta a cuore), indicando cosa lo ha ispirato, gli intenti, le motivazioni, le aspettative, le sensazioni?

Cita, eventualmente, qualche brano di critica che ha colto lessenza del tuo libro e del tuo lavoro più in generale.

Particolarmente gradita sarebbe, inoltre, una tua breve nota personale sul libro (o sulliniziativa artistica).

Qualche riga in cui ci parli del tuo rapporto più intimo con questa tua opera recente.

La mia unica opera edita – al momento – è Testamento blu, uscita lo scorso 20 novembre con Echos.

Eravamo nel pieno del primo lockdown quando iniziai a scriverla, e anche l’agenzia di reclutamento per cui lavoravo al tempo era chiusa. Ero a casa, del tutto non abituata a trovarmici costantemente… Io amo scrivere, da sempre, come adoro leggere. Inoltre, mi ero appena imbarcata in una nuova relazione sentimentale dopo il fallimento del rapporto più lungo e sostanzioso della mia vita, finito nell’ottobre del 2018. Quasi due anni, direte, che significa… Beh, per me, molto, visto e considerato che è stato il lasso di tempo necessario per elaborare questo e altri “lutti”. Mi sono guardata dentro e ho pensato, sull’onda anche di una vocazione alle relazioni d’aiuto, perché non scrivere un saggio introspettivo in cui parlare di questo enorme buco nero (come credo ce ne siano nella maggioranza delle storie umane) e dare un esempio a cui appellarsi a chi si trova in difficoltà su vari fronti? E poi il gioco era fatto, ormai, ho colto la palla al balzo e ho iniziato a buttare giù il primo capitolo… Ne sono seguiti altri e infine è avvenuto il sodalizio con un artista che stimo molto per bravura e profondità di vedute, Andrea Lelario, a cui ho proposto di realizzare le illustrazioni del mio libro.

Il titolo mi sembra abbastanza indicativo… Il blu era per Wassily Kandinsky la tonalità dell’approfondimento e, in quanto al sostantivo, esso rimanda a ciò che lascio in eredità ai lettori, che può essere poco o può essere tanto, ma sarà sempre qualcosa.

Nella sua prefazione al testo, Vittorio Raschetti scrive: “Occorre passare per molti solitudini per trovare sentieri non ancora tracciati che portano nei pressi del vero. Perché non arrivare a nulla è diverso da arrivare al nulla. Solo nei segni più labili e nelle tracce più evanescenti è possibile salvarsi, solamente nella fragilità e nella persistenza di ciò che sembra già condannato a scomparire”, e penso qualifichi molto questo manoscritto, che mi ha procurato gioie e pianti.

Aspettative non ne ho. Nessuna velleità letteraria, sogno di successo, speranza di lucro o desiderio di entrare nel novero dell’intellighenzia italiana. Nel mio libro dipingo la mia interiorità ed è tutto ciò che mi importa, se qualcuno vi si può rispecchiare. Per accennare al mio rapporto intimo con questo testo, sicuramente farei riferimento anche alla paura… Timore che possa non piacere o deludere qualcuno.

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