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INCERTO CONFINE

È uscita ieri su “Carteggi letterari”, portale di cui sono redattore assieme ad un gruppo affiatato di amici, una mia recensione al libro di Stefano Vitale illustrato da Albertina Bollati.
La ripropongo volentieri anche qui, nel mio sito e nel blog. Perché è un libro che si legge e si guarda volentieri. Perché parla del fatto che chi costruisce muri spesso si ritrova tra le mani (e tra i denti) un boomerang. Perché mi ha fatto pensare a Kant e all’Orchestra della RAI e mi ha fatto ripensare ad un mio anziano vicino che si arrabbiava perché a suo dire i passanti rubavano la musica del suo stereo. Perchè è un libro di impegno civile ma con il dono calviniano della leggerezza e della consistenza. IM

 

http://www.carteggiletterari.it/2020/11/25/ivano-mugnaini-su-incerto-confine-di-stefano-vitale-illustrazioni-di-albertina-bollati/

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Incerto Confine, Edizioni disegnodiverso, 2019
di Stefano Vitale, illustrazioni di Albertina Bollati
Viviamo un’epoca di incertezza. È sempre stato così. L’uomo è autolesionista per eccellenza, lassista verso se stesso e spietato nei confronti dei propri simili. “False–hearted judges dying in the webs that they spin / Only a matter of time ‘til night comes steppin‘ in”, canta Bob Dylan con un giro inesorabile di note. Sì, restiamo impigliati nelle ragnatele che noi stessi tessiamo. E la notte fa il suo ingresso, puntuale. Lo fa ora, lo ha sempre fatto, e lo farà. Oppure, meglio ancora, si può ricorrere alle parole di Einstein, alla sua osservazione oggettiva: “L’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi”. Di bombe per far saltare in aria la terra che ci nutre e la convivenza civile ne abbiamo ideate e realizzate numerose, nel corso dei secoli. Siamo stati genialmente creativi nell’inventare espedienti per distruggere e annientare, generando occasioni di conflitto. Una di queste mirabili trovate sono i confini geografici. Tra stato e stato, spesso tra regione e regione, a volte tra villaggio e villaggio. Delimitazioni puramente fittizie, politiche, ideologiche, non giustificate da nessuna ripartizione effettiva, geografica o antropologica. Dall’incontro tra i due termini sopra citati, l’incertezza e il conflitto, ha origine il titolo del libro e la vasta gamma di risvolti, fertilmente complessi, che ne deriva.
​All’incertezza si può rispondere in vari modi. Alcuni tentano di farlo proponendo certezze grevi, strumentali o di maniera. Alla fine hanno effetti ancora più deleteri. Abbozzi di chiavi rafforzano ancora di più le mura della galera, parafrasando un noto verso di Eliot. Altri si affidano invece all’atteggiamento opposto: una leggerezza ricca di sostanza, di tenacia, di fiducia (al di là di tutto) in quello sprazzo di luce e di colore che contrasta l’acciaio e il piombo. Questi sprazzi possono anche essere tangibili. È possibile aprirli, guardarli, sfogliarli. Sono di carta, ma, ce lo insegnano gli orientali, con la carta si possono costruire oggetti estremamente solidi, in grado di resistere all’acqua, al vento, al tempo.

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