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Premio Letterario Astrolabio 2022/23

Premio Astrolabio – “La resilienza” – bando 2020 / 21 - Ivano Mugnaini

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ASTROLABIOCULTURA

Premio Letterario

“Astrolabio 2022/23 –

Sono nata per amare”

Premio Internazionale di Poesia e Microracconti (10a Edizione del Terzo Millennio) dedicato alla memoria di Giorgio Bárberi Squarotti e Renata Giambene
presieduto e diretto da Valeria Serofilli Presidente fondatrice di AstrolabioCultura

Bando di Concorso

AstrolabioCultura, con la collaborazione dell’Editrice Ibiskos Ulivieri, Editrice di Empoli, con il Gruppo Internazionale di Lettura (Presidente fondatrice Renata Giambene), con la Libera
Accademia Galileo Galilei di Pisa e con il patrocinio della Provincia di Pisa, istituisce la decima Edizione del Concorso Letterario Astrolabio allo scopo di promuovere la parola poetica e il componimento di fantasia e al fine di evidenziare nel panorama letterario attuale opere di autori degne di attenzione.
Oltre alle “classiche” quattro sezioni a tema libero, a cui si concorre con le modalità qui sotto specificate, gli autori potranno inviare lavori ispirati al tema: “Io, nell’ordine naturale, sono nata non per odiare, ma per amare”, tratto da Sofocle, Antigone, v. 523. Le autrici e gli autori che intendono concorrere a questa sezione dovranno specificarlo all’atto dell’invio dei loro componimenti.
SEZIONI A TEMA LIBERO
Prima sezione:
Volume edito di poesia per un’opera in versi pubblicata a partire dal 2010. Inviare due copie del volume di poesia. Solo una delle copie dovrà recare i dati completi dell’autore, assieme ad un breve curriculum biobibliografico e ad un indirizzo di posta elettronica.
Seconda sezione:
Silloge inedita (minimo 10 poesie – massimo 20) in due copie. Soltanto una delle copie dovrà recare il nome e l’indirizzo completo, comprensivo di indirizzo di posta elettronica dell’autore. È gradito un breve curriculum da allegare in busta chiusa.
Terza sezione:
Poesia singola a tema libero. Si partecipa inviando da una a tre poesie edite o inedite. È consentito inviare anche poesia già premiate in altri concorsi.
Inviare le poesie in 2 copie di cui solo una dovrà recare i dati completi dell’autore, un breve curriculum e un indirizzo di posta elettronica.
Quarta sezione:
100 parole per un racconto, riservata a un microracconto edito o inedito. Tema: libero.
Caratteristiche del testo: Word Times New Roman corpo 12, Lunghezza: non superiore a 100 parole.
La sezione è aperta agli autori di età superiore a 16 anni.
Inviare il testo in 2 copie di cui solo una dovrà recare i dati completi dell’autore, un breve curriculum e un indirizzo di posta elettronica.
Per inedito s’intende opera mai apparsa in volume individuale.
A partire da questa edizione, è consentito, per tutte le sezioni di concorso, anche optare per
INVIO DELLE OPERE CON POSTA ELETTRONICA.
Gli inediti, gli ebook e i PDF dei libri editi possono infatti essere inviati anche per posta elettronica al seguente indirizzo: premioastrolabio7@gmail.com
Per la partecipazione con lavori inediti è sufficiente inviare un file anonimo in formato Word .doc oppure PDF.
In un file a parte indicare le proprie generalità e i recapiti, indirizzo e posta elettronica.
I concorrenti che intendono inviare libri editi devono allegare alla mail anche un file con l’immagine di copertina, se non presente nel PDF, e specificare nel corpo della mail da quale casa editrice è stato pubblicato, o se si tratta di libro autopubblicato.
Per tutte le sezioni è inoltre richiesto l’invio, sempre nella stessa mail contenente il PDF del libro e l’immagine della copertina, della seguente
DOCUMENTAZIONE:
Scansione o fotografia chiara e ben leggibile di:
° Modulo di partecipazione compilato in ogni sua parte.
° Ricevuta di pagamento della quota di partecipazione
 
Giuria
Presidente Valeria Serofilli (Presidente fondatrice di AstrolabioCultura, poeta e critica letteraria). I Membri di Giuria saranno resi noti in sede di premiazione.
Comitato d’Onore
Pier Paolo Magnani (Assessore alla Cultura del comune di Pisa), Paolo Ruffilli( poeta). Regolamento
Le opere concorrenti, complete di copia del versamento, scheda di iscrizione (reperibile in calce al presente bando), curriculum dell’autore e breve sinossi dell’opera, vanno spedite (evitando l’invio tramite posta raccomandata) al seguente indirizzo:
Segreteria Premio Astrolabio, via Ciardi nr° 2F, 56017 Pontasserchio di San Giuliano Terme (PI)
entro e non oltre il 15 maggio 2023 (farà fede il timbro postale).
Si richiede anche l’invio telematico dei testi al seguente indirizzo di posta elettronica: premioastrolabio7@gmail.com .
Per agevolare il lavoro della Giuria, si raccomanda ai concorrenti di inviare i propri lavori prima possibile, senza attendere il periodo a ridosso della scadenza.
Possono partecipare al concorso autori italiani e stranieri con elaborati dattiloscritti in lingua italiana redatti su foglio formato A4.
È ammessa la partecipazione a più sezioni versando per ciascuna sezione il relativo contributo. Gli elaborati partecipanti al Premio non saranno restituiti.
Per i libri editi è prevista la cessione, a cura della Segreteria del Premio, di una copia dei testi alla Biblioteca Comunale della città di Pisa.
L’esito del concorso verrà comunicato ai soli vincitori e segnalati e ai concorrenti che avranno indicato il proprio indirizzo di posta elettronica.
Per ciascuna sezione inviare € 20 per rimborso spese di segreteria, da versare in contanti in busta chiusa o tramite bonifico bancario sul seguente conto:
IBAN: IT03 T 05034 14026 000000201175 intestato a Valeria Serofilli specificando nella causale “Premio Nazionale di Poesia Astrolabio 2020”.
Si prega di allegare ai lavori concorrenti la scheda di partecipazione, la liberatoria e la fotocopia dell’avvenuto pagamento.

Premi

I primi tre autori classificati verranno inseriti nell’Antologia “C’è un tempo per…” pubblicata da Ibiskos Ulivieri Editrice, con specifico riferimento al Premio Astrolabio. Riceveranno inoltre una targa con l’indicazione del riconoscimento ottenuto.
Al primo classificato di ogni sezione verrà consegnato l’Astrolabio simbolo della Libera Accademia Galileo Galilei, opera dell’artista Vittorio Minghetti.
I concorrenti premiati, inoltre, potranno essere inseriti nel Calendario degli incontri curati e promossi da Valeria Serofilli allo storico Caffè dell’Ussero, al Relais dell’Ussero della Villa di Corliano (http://www.villadicorliano.it/ ), alla libreria Blu Book di Palazzo Blu di Pisa (https://www.turismo.pisa.it/luogo/palazzo-agostini-e-caffe-dell-ussero?context=3906 ) e alla biblioteca SMS di Pisa.
Le opere degli autori premiati o segnalati potranno essere presentate da esponenti dell’Associazione Astrolabiocultura presso alcune scuole e biblioteche del comprensorio pisano.
La Segreteria di AstrolabioCultura comunicherà, a seconda dell’esito dell’attuale pandemia, le disposizioni concernenti la parte conclusiva del Concorso, i cui risultati verranno resi noti i primi di giugno.
I premi dovranno essere ritirati personalmente dai vincitori o in caso di impossibilità ritirati da un delegato.
La partecipazione al concorso implica l’accettazione del presente regolamento.
La Giuria si riserva di apportare modifiche al presente bando qualora se ne presentasse la necessità.
I dati personali dei concorrenti saranno tutelati a norma della legge 675/96 sulla privacy. Alcuni degli autori delle varie sezioni, i cui testi, indipendentemente dalla classifica finale del
Premio, verranno ritenuti interessanti, originali e di pregio, saranno contattati dall’editrice Ibiskos
Ulivieri e riceveranno ulteriori vantaggiose proposte di pubblicazione.
Per eventuali informazioni e comunicazioni rivolgersi al seguente indirizzo e-mail: premioastrolabio7@gmail.com  
 
 
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MODULO A

PREMIO ASTROLABIO 2020 / 2021

Concorso Letterario

 

MODULO DI ISCRIZIONE

 

INFORMATIVA SUL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI LIBERATORIA PER L’UTILIZZO DELLE

 

OPERE

 

 

Il/la sottoscritto/a (cognome e nome) Nato/a                        il

Residente a                           Provincia

Via

Telefono                             email

chiede di iscriversi al concorso PREMIO ASTROLABIO

 

 

SEZIONE:

 

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con l’elaborato (specificare se si tratta di silloge, poesia o microracconto) dal titolo:

 

__________________________________________________________

 

 

 

 

 

Dichiara

 

di aver letto e accettato in ogni sua parte il contenuto del regolamento del concorso “PREMIO Astrolabio”di aver letto e compreso l’informativa per il trattamento dei dati sensibili, la liberatoria per l’utilizzo delle opere che presenterà e la clausola di manleva, poste a seguito del presente modulo.

Luogo_      , data Firma

INFORMATIVA SUL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI AI SENSI DEL D.Lgs. 196/2003

L’organizzazione del concorso si impegna all’utilizzo dei tuoi dati personali in conformità a quanto previsto dalla vigente normativa sulla privacy. In particolare l’organizzazione dichiara che:

i tuoi dati personali, raccolti con il modulo di iscrizione, potranno essere registrati su database;la comunicazione dei tuoi dati personali è indispensabile per il corretto svolgimento e gestione del concorso (raccolta ed esame dei disegni, designazione dei vincitori, aggiudicazione dei premi ecc.);il consenso al trattamento dei tuoi dati è obbligatorio, pena l’impossibilità di procedere con l’iscrizione;in qualità di iscritto al concorso potrai in qualsiasi momento:avere conferma dell’esistenza di trattamenti di dati che ti riguardano;la cancellazione dei dati trattati in violazione della Legge;l’aggiornamento, la rettifica e l’integrazione dei dati.

 

 

MANIFESTAZIONE DI CONSENSO AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

Il sottoscritto (nome e cognome)

_____________________________________________________________

ha letto e compreso l’informativa resa ai sensi del D.Lgs. 196/2003 per quanto riguarda il trattamento dei propri dati personali e pertanto dichiara di:

NEGARE IL PROPRIO CONSENSO     DARE IL PROPRIO CONSENSO

 

consapevole che in mancanza del proprio consenso l’organizzazione non potrà dar corso all’accettazione dell’iscrizione.

Luogo, ___________________ data ________________________

Firma

________________________________________

LIBERATORIA PER L’UTILIZZO DELLE OPERE INVIATE/PRESENTATE AL CONCORSO

Il sottoscritto (nome e cognome)

_____________________________________________________________

 

 

consapevole che la partecipazione al concorso prevede la possibilità e/o necessità che le opere inviate vengano trattate, elaborate, stampate e/o diffuse con diversi mezzi e modalità,

comunque al solo fine di gestione e promozione del concorso stesso, autorizza la pubblicazione, diffusione e riproduzione in qualsiasi forma, nonché la conservazione in appositi archivi informatici.

Luogo, ___________________ data _________________________

Firma

________________________________________ CLAUSOLA DI MANLEVA

Il sottoscritto (nome e cognome)

_____________________________________________________________

dichiara di essere consapevole che le opere (inviate o consegnate a mano – originali e del tutto conformi al regolamento del concorso) sono affidate agli organizzatori con il solo fine di partecipare al concorso. Pertanto solleva le persone incaricate del trattamento delle proprie opere da ogni responsabilità derivante dal furto, sottrazione, distruzione, danneggiamento in

tutto o in parte dei propri elaborati, dichiarando e accettando, pena l’inammissibilità al concorso, di non avanzare pretese risarcitorie per ogni eventuale danno che le opere possano subire.

Luogo, ___________________ data _________________________

 

Firma

A TU PER TU – Stefano Vitale

Delle risposte di Stefano Vitale all’intervista, mi ha colpito tra gli altri questo passaggio: “prendere posizione, attraverso la poesia e il disegno, sulle lacerazioni della contemporaneità, del presente. Non si tratta di un libro ‘ideologico’, perché l’intento principale è fare poesia ed arte. In questo caso misurandoci col presente, affrontando l’impoetico con mezzi poetici. E cercando di proporre una visione più universale dei temi che trattiamo. Lo spunto nasceva dall’indignazione per le politiche sull’immigrazione e l’accoglienza di tutti i migranti del mondo, dalla rabbia per la generale indifferenza, ma anche dall’esigenza di cogliere e rappresentare il sentire dell’uomo e della donna di oggi immersi in questa realtà”.
Ci sono in queste parole molti spunti, molti inviti, impliciti ma molto pressanti, alla riflessione, anzi alla necessità di chiamarsi in causa. “Affrontando l’impoetico con mezzi poetici”, scrive Vitale. E non è solo una frase bella esteticamente. Anche se la bellezza è forse, oggi più che mai, un’arma di difesa. L’impoetico lo sappiamo cos’è. Ognuno se lo trova davanti agli occhi, nei timpani e nel cervello ogni giorno. Ognuno ha il suo personale “rumore” da affrontare. E sappiamo anche che “rumore” in vari ambiti disciplinari, da quelli tecnici a quello filosofici, psicologici e linguistici, è molto più del semplice chiasso. È il frastuono della disarmonia. C’è da valutare allora le contromisure. Quali sono i mezzi poetici? Oltre alla parola, al verso, c’è ad esempio, la musica, e non è casuale in tale contesto il legame profondo di Vitale con la musica, soprattutto quella sinfonica, a cui accenna egli stesso nelle risposte.
Ma i mezzi poetici non sono solo strettamente artistici. Se l’indifferenza è il male per antonomasia di questi nostri tempi, bisognerà agire sul tasto opposto, creare un controcanto, un’azione uguale e contraria che eviti la caduta nel baratro. Sandro Luporini e Giorgio Gaber avrebbero scritto e cantato che “Libertà è partecipazione”. I confini, sia quelli reali fatti di mattoni e filo spinato, sia quelli mentali non meno solidi e laceranti, si abbattono nel momento esatto in cui si partecipa del dolore degli altri. Ritrovare un “sentire” autentico è la vera sfida. Ciò che ci restituirà la dimensione di uomini e donne. La nostra autentica umanità.
Coerentemente, Vitale ha una visione sobria e oggettiva. La speranza non è data “a priori”, va conquistata, va meritata.  Anche il suo sguardo sul mezzo tramite cui si esprime è schietto: “Ho sempre sostenuto che la poesia è una cosa fragile che però ha in questa fragilità la sua qualità, la sua forma di paradossale resilienza. […] La poesia dovrebbe, talvolta, obbligare il lettore a non distrarsi, a tendere lo sguardo verso l’inatteso, costringendolo anche a prendere coscienza di quel che si vorrebbe rimuovere. Così facendo la poesia prende sul serio i vuoti dell’esistenza, le fratture, le questioni irrisolte”.
Poesia quindi non come materia astratta ma come sollecitazione al gesto, alla presa di coscienza, alla rimozione delle mura e dei confini che non di rado lasciamo scavare nelle nostre menti.
IM
 
A TU PER TU
UNA RETE DI VOCI

 

 

5 domande

 

a

 

Stefano Vitale

 

1 ) Il mio benvenuto, innanzitutto.

Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?

 

Sono nato a Palermo, città-radice che sento nostalgicamente vicina, ma vivo a Torino, città che amo per la sua discrezione e vivibilità, per la sua bellezza elegante. Qui mi sono laureato in filosofia, qui ho costruito la mia vita personale e professionale. Qui ho fondato nel 1981 i Centri di Esercitazione ai Metodi dell’Educazione Attiva, una cooperativa sociale dove ancora oggi lavoro come formatore e responsabile di servizi educativi. A Torino coltivo le mie passioni che sono, a parte la poesia e la letteratura, l’impegno civile nel mondo dell’educazione, della cultura e della musica. Oggi sono Direttore Artistico dell’Ass. Amici Orchestra Sinfonica RAI.

 

2 ) Ci puoi parlare del tuo ultimo libro (o di un tuo lavoro recente che ti sta a cuore), indicando cosa lo ha ispirato, gli intenti, le motivazioni, le aspettative, le sensazioni?

Cita, eventualmente, qualche brano di critica che ha colto l’essenza del tuo libro e del tuo lavoro più in generale.

Particolarmente gradita sarebbe, inoltre, una tua breve nota personale sul libro (o sull’iniziativa artistica).

Qualche riga in cui ci parli del tuo rapporto più intimo con questa tua opera recente.

 

Il mio ultimo libro è “Incerto confine” edito da “paolagribaudo editore” nella sua collana di libri artistici “disegnodiverso”. Il libro è stato scritto con Albertina Bollati che ha curato le immagini. Si tratta di un libro “unico”, nel senso che poesie e immagini sono un tutt’uno, sia pure in una prospettiva di dialogo. Insomma il libro è un insieme che non perde di vista la valorizzazione dei diversi strumenti espressivi. Così, nella coerenza del messaggio, vogliamo emerga la diversità dei percorsi, delle strategie comunicative. Si tratta di una plaquette, come si dice, che abbiamo voluto produrre sulla base di una esigenza etica ed estetica: prendere posizione, attraverso la poesia e il disegno, sulle lacerazioni della contemporaneità, del presente. Non si tratta di un libro “ideologico”, perché l’intento principale è fare poesia ed arte. In questo caso misurandoci col presente, affrontando l’impoetico con mezzi poetici.  E cercando di proporre una visione più universale dei temi che trattiamo. Lo spunto nasceva dall’indignazione per le politiche sull’immigrazione e l’accoglienza di tutti i migranti del mondo, dalla rabbia per la generale indifferenza, ma anche dall’esigenza di cogliere e rappresentare il “sentire” dell’uomo e della donna di oggi immersi in questa realtà. Il tema del “confine” rinvia ad una varietà di simboli, connotazioni, esperienze: si pensa ai muri, alle barriere, alla frontiere che dividono, opprimono, ma vogliamo che si pensi anche all’immagine della soglia intesa come passaggio verso nuove dimensioni dell’esperienza, e poi abbiamo anche bisogno di confini “buoni”, di spazi protetti, di limiti che ci aiutino a non frammentarci. Il libro è uscito a novembre del 2019 poco prima dell’emergenza Covid: per certi aspetti abbiamo anticipato alcune tematiche con cui poi abbiamo dovuto fare i conti. “Incerto confine” inoltre non perde di vista né la relazione con la memoria, né appunto con la ricerca di una pura espressione artistica. La memoria storica è indispensabile per costruire radici e identità così come la creatività è necessaria per aprire nuove strade, per dare voce e calore a pensieri diversi, inattesi.

Su questo libro hanno scritto diversi autorevoli critici e poeti come Alessandro Fo, Paolo Ruffilli, Ivano Mugnaini, Alfredo Rienzi, Dario Capello, Daniela Pericone, Alessandra Paganardi,  Carlo Prosperi, Lucia Triolo, Fabrizio Bregoli, Angelo Manitta, Pierangela Rossi, Marvi del Pozzo, Alberto Piazza, Giorgio Moio e tanti altri che devo ringraziare per la loro attenzione.

La cosa bella è che ciascuno di loro ha colto aspetti diversi, a testimonianza del fatto che questo libro non è un monolite, ma un “territorio” complesso in cui sono “tessute insieme” prospettive, risonanze, pensieri ed emozioni multiple. La poesia dovrebbe essere anche questo: una forma di espressione che si  fa forte della sua “ambiguità”, della sua “indefinitezza” e persino “imperfezione”.  Ho sempre sostenuto che la poesia è una cosa fragile che però ha in questa fragilità la sua qualità, la sua forma di paradossale resilienza. La poesia è prima di tutto sforzo del linguaggio di dire altrimenti ciò che è necessario dire. Per questo il poeta dovrebbe essere attento a quanto accade intorno e dentro di sé. La poesia dovrebbe, talvolta, obbligare il lettore a non distrarsi, a tendere lo sguardo verso l’inatteso, costringendolo anche a prendere coscienza di quel che si vorrebbe rimuovere.  Così facendo la poesia prende sul serio i vuoti dell’esistenza, le fratture, le questioni irrisolte.

Continua la lettura di A TU PER TU – Stefano Vitale

Premio Astrolabio – “La resilienza” – bando 2020 / 21

Ricevo da AstrolabioCultura e dalla segreteria del Premio Astrolabio il bando di concorso dell’edizione 2020 / 2021 del concorso, a cui è stato aggiunto come “sottotitolo” la definizione, in parte apotropaica, “la resilienza”.
In effetti vedere che gli appuntamenti, anche letterari, proseguono e proseguiranno è sempre gratificante.
Pubblico qui di seguito il bando per le autrici e gli autori interessati .
Con l’auspicio che anche questa edizione del Premio pisano possa essere un’ulteriore occasione di dialogo, di lettura reciproca e di incontro, magari anche di persona, vis à vis.
Maggiori informazioni sul Premio possono essere eventualmente richieste  a: premioastrolabio7@gmail.com .
Buona partecipazione a chi vorrà.
Buona lettura e buona scrittura a tutti, IM
 
astro 1Assessorato alla Cultura del Comune di Pisa

astro 2

Incontri letterari al Caffè Storico dell’Ussero

astro 3

Incontri letterari al Relais dell’Ussero di Villa di Corliano

astro 4

astro 5

 

ASTROLABIOCULTURA

Concorso Letterario “Astrolabio 2020”

LA RESILIENZA

 

Premio Internazionale di Poesia e Microracconti
(9a Edizione del Terzo Millennio)
dedicato alla memoria di Giorgio Bárberi Squarotti e Renata Giambene 

presieduto e diretto da Valeria Serofilli

Presidente fondatrice di AstrolabioCultura

 

                                    Bando di Concorso

 

AstrolabioCultura, in collaborazione con Ibiskos Ulivieri, Editrice di Empoli, con il Gruppo Internazionale di Lettura (Presidente fondatrice Renata Giambene), con la Libera Accademia Galileo Galilei di Pisa e con il patrocinio della Provincia di Pisa, istituisce la nona Edizione del Concorso Letterario Astrolabio allo scopo di promuovere la parola poetica e il componimento di fantasia e al fine di evidenziare nel panorama letterario attuale opere di autori degne di attenzione.

 

Oltre alle “classiche” quattro sezioni a tema libero, a cui si concorre con le modalità qui sotto specificate, gli autori potranno inviare lavori ispirati al tema “la resilienza” (argomento di stringente attualità che si è deciso di ricordare quest’anno in qualità di “titolo aggiuntivo” del Premio). Le autrici e gli autori che intendono concorrere a questa sezione dovranno specificarlo all’atto dell’invio dei loro componimenti.

 

SEZIONI A TEMA LIBERO

 

Prima sezione:

Volume edito di poesia per un’opera in versi pubblicata a partire dal 2010. Inviare due copie del volume di poesia. Solo una delle copie dovrà recare i dati completi dell’autore, assieme ad un breve curriculum biobibliografico e ad un indirizzo di posta elettronica.

 

Seconda sezione:

Silloge inedita (minimo 10 poesie – massimo 20) in due copie. Soltanto una delle copie dovrà recare il nome e l’indirizzo completo, comprensivo di indirizzo di posta elettronica dell’autore. È gradito un breve curriculum da allegare in busta chiusa.

 

Terza sezione:

Poesia singola a tema libero. Si partecipa inviando da una a tre poesie edite o inedite. È consentito inviare anche poesia già premiate in altri concorsi.

Inviare le poesie in 2 copie di cui solo una dovrà recare i dati completi dell’autore, un breve curriculum e un indirizzo di posta elettronica.

 

Quarta sezione:

100 parole per un racconto, riservata a un microracconto edito o inedito.

Tema: libero.

Caratteristiche del testo: Word Times New Roman corpo 12, Lunghezza: non superiore a 100 parole.

La sezione è aperta agli autori di età superiore a 16 anni.

Inviare il testo in 2 copie di cui solo una dovrà recare i dati completi dell’autore, un breve curriculum e un indirizzo di posta elettronica.

 

Per inedito s’intende opera mai apparsa in volume individuale.

 

Giuria

 

Presidente Valeria Serofilli (Presidente fondatrice di AstrolabioCultura, poeta e critica letteraria).

I Membri di Giuria saranno resi noti in sede di premiazione.

 

Comitato d’Onore

Pier Paolo Magnani (Assessore alla Cultura del comune di Pisa), Paolo Ruffilli( poeta).

 

 

Regolamento

 

  • Le opere concorrenti, complete di copia del versamento, scheda di iscrizione (reperibile in calce al presente bando), curriculum dell’autore e breve sinossi dell’opera, vanno spedite (evitando l’invio tramite posta raccomandata) al seguente indirizzo:

Segreteria Premio Astrolabio, via Ciardi nr° 2F, 56017 Pontasserchio di San Giuliano Terme (PI) entro e non oltre il 30 aprile 2021 (farà fede il timbro postale).

Si richiede anche l’invio telematico dei testi al seguente indirizzo di posta elettronica: premioastrolabio7@gmail.com.

 

  • Per agevolare il lavoro della Giuria, si raccomanda ai concorrenti di inviare i propri lavori prima possibile, senza attendere il periodo a ridosso della scadenza.

 

  • Possono partecipare al concorso autori italiani e stranieri con elaborati dattiloscritti in lingua italiana redatti su foglio formato A4.

 

  • È ammessa la partecipazione a più sezioni versando per ciascuna sezione il relativo contributo.

 

Gli elaborati partecipanti al Premio non saranno restituiti.

Per i libri editi è prevista la cessione, a cura della Segreteria del Premio, di una copia dei testi alla Biblioteca Comunale della città di Pisa.

L’esito del concorso verrà comunicato ai soli vincitori e segnalati e ai concorrenti che avranno indicato il proprio indirizzo di posta elettronica.

 

Per ciascuna sezione inviare € 20 per rimborso spese di segreteria, da versare in contanti in busta chiusa o tramite bonifico bancario sul seguente conto:

IBAN: IT03 T 05034 14026 000000201175 intestato a Valeria Serofilli specificando nella causale “Premio Nazionale di Poesia Astrolabio 2020”.

Si prega di allegare ai lavori concorrenti la scheda di partecipazione, la liberatoria e la fotocopia dell’avvenuto pagamento.

 

Premi

 

I primi tre autori classificati in ciascuna delle Sezioni del Premio entreranno di diritto nella Collana ASTROLABIO pubblicata da  Ibiskos Ulivieri Editrice .

Sul volume sarà apposta la dicitura “Vincitori del Premio Astrolabio 2020 /2021”.

Al primo  classificato di ogni sezione verrà consegnato l’ Astrolabio simbolo della Libera Accademia Galileo Galilei, opera dell’artista Vittorio Minghetti.

Sui lavori classificati al secondo posto della prima seconda e terza sezione, verrà realizzato uno storyboard con grafica a cura dall’attrice Francesca Stangoni.

I concorrenti premiati, inoltre, potranno essere inseriti nel Calendario degli incontri allo storico Caffè dell’Ussero, al Relais dell’Ussero della Villa di Corliano (http://www.villadicorliano.it/)e alla libreria Blu Book di Palazzo Blu di Pisa (https://www.turismo.pisa.it/luogo/palazzo-agostini-e-caffe-dell-ussero?context=3906) curati e promossi da Valeria Serofilli.

Le opere degli autori premiati o segnalati potranno essere presentate da esponenti dell’Associazione Astrolabiocultura o presso alcune scuole del comprensorio pisano.

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A TU PER TU – Brina Maurer

A TU PER TU

UNA RETE DI VOCI

A TU PER TU ospita oggi Claudia Manuela Turco alias Brina Maurer, poeta, romanziere e diarista, biografa e critico letterario.
Al di là delle qualifiche, sarà interessante, anche in questo caso, cogliere le peculiarità, le specifiche caratteristiche, le passioni, le lotte, le battaglie, le prese di posizioni, coraggiose, sincere, non solo in ambito letterario.
Quindi anche stavolta invito volentieri i “dedalonauti” alla lettura integrale dell’intervista da cui, in modo esplicito e tra le righe, emergono alcuni tratti intensamente rivelatori degli autori e delle loro opere, che poi sono un tutt’uno.
Buona lettura, IM

L’obiettivo della rubrica A TU PER TU, rinnovata in un quest’epoca di contagi e di necessari riadattamenti di modi, tempi e relazioni, è, appunto, quella di costruire una rete, un insieme di nodi su cui fare leva, per attraversare la sensazione di vuoto impalpabile ritrovando punti di appoggio, sostegno, dialogo e scambio. Rivolgerò ad alcune autrici ed alcuni autori, del mondo letterario e non solo, italiani e di altre nazioni, un numero limitato di domande, il più possibile dirette ed essenziali, in tutte le accezioni del termine. Le domande permetteranno a ciascuna e a ciascuno di presentare se stessi e i cardini, gli snodi del proprio modo di essere e di fare arte: il proprio lavoro e ciò che lo nutre e lo ispira. Saranno volta per volta le stesse domande. Le risposte di artisti con background differenti e diversi stili e approcci, consentiranno, tramite analogie e contrasti, di avere un quadro il più possibile ampio e vario individuando i punti di appoggio di quella rete di voci, di volti e di espressioni a cui si è fatto cenno e a cui è ispirata questa rubrica.

VOCABOLARI E ALTRI VOCABOLARI_COP

5 domande

a

Brina Maurer

 

1 ) Il mio benvenuto, innanzitutto.

Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?

  • Ti ringrazio per l’invito e per l’ospitalità.

Mi chiamo Claudia Manuela Turco, ma da diversi anni ormai mi sono impossessata del nome di un personaggio da me inventato per un romanzo – Brina Maurer  -, dopo aver riflettuto a lungo su nomi di poeti, scrittori, attori, artisti e protagonisti di libri o film che mi piacevano. Adottando un nome d’arte, volevo prendere distacco dalla mia vita reale, o meglio, crearmi una seconda vita. C’erano pure problemi di omonimia, tra l’altro.

Il nome “Manuela” (senza la E iniziale) mi piaceva, ma non ero certa che fosse davvero mio. Infatti, da un certo momento in avanti sembrò che mio padre se ne fosse scordato al momento dell’iscrizione all’anagrafe. Il mio secondo nome ricomparve soltanto quando mi trasferii nel 2000 a Torino. “Claudia”, invece, non mi piaceva. Forse perché era stato scelto il nome “Claudio” nel caso fossi stata un maschio, e “Manuela”, se femmina. Alla fine, però, fu deciso che fossi “Manuela” ma soprattutto “Claudia”: nomen omen. Un nome importante nella nostra tradizione, penso alla gens Claudia, ma soprattutto alla parola “claudicante”. Scherzando, amo dire di essere “un autore Rizzoli”… essendo ortopedia una delle mie “passioni”!

La scelta del nome “Brina” è stata del tutto istintiva, soprattutto mi pareva sposarsi bene con

“Maurer”, un cognome abbastanza famigliare nella mia terra, il Friuli, e avendo sempre gradito come suona il cognome “Marler”, a un certo punto per me fu naturale ideare questo personaggio e, in un secondo momento, adottare questo pseudonimo. Inoltre, adoro la lettera erre (morde, mi ricorda il vetro che si infrange e taglia, è una lettera particolare, penso al rotacismo, alla sua importanza, per esempio, nella lingua latina… e un altro cerchio si chiude con Appio Claudio Cieco…) e “Brina Maurer” ne contiene ben tre.

Solo di recente ho scoperto che “Maurer” significa “muratore” in tedesco (proprio grazie a un tuo articolo, pubblicato sulla rivista “Il sarto di Ulm”). L’avevo sostituito al cognome “Turco” anche a causa del rapporto piuttosto conflittuale con mio padre. Ma alla fine mi sono ritrovata con un “cognome d’arte” che significa proprio quello che mio padre faceva per vivere!

Ho cercato a lungo di tenere separata la sfera creativa da quella privata e dal mio essere donna. Volevo scrivere opere che potessero far pensare a una voce maschile, come nel caso di Architetture Poesie Tridimensionali. E volevo una parola pura, pulita, che mi proteggesse dalla realtà. Per un certo periodo provai a destinare la poesia alla “bella parola” e la prosa allo squallore del mondo. Ma non funzionò a lungo.

Tra me e gli altri ho sempre avvertito la presenza di uno iato, come di una invisibile e sottile lastra di vetro. Per descrivermi brevemente, potrei usare parole di Luce d’Eramo: Io sono un’aliena.

Soltanto quando arrivò Glenn nella mia vita (un cane molto speciale), smisi di sentirmi incompresa e incompleta. Eravamo uguali e una cosa sola. Siamo la stessa anima.

Lo adottai perché aveva problemi alle anche come me. Proprio vedendo come la gente trattava lui, iniziai a sentire il dovere di espormi in prima persona. Le cattiverie che la gente diceva su di lui e davanti a lui, erano le stesse che altri avevano rivolto a me, quando ero bambina e poi ragazza e giovane donna.

Cambiai profondamente, superando almeno in parte la mia timidezza e le mie fobie e la mia naturale riservatezza, per poterlo proteggere e cercare di fare qualcosa anche per altri cani anziani e malati, per altre creature che, come lui, erano state maltrattate e abbandonate.

Non potevo più tenere separate arte e vita.

2 ) Ci puoi parlare del tuo ultimo libro (o di un tuo lavoro recente che ti sta a cuore), indicando cosa lo ha ispirato, gli intenti, le motivazioni, le aspettative, le sensazioni?

Cita, eventualmente, qualche brano di critica che ha colto l’essenza del tuo libro e del tuo lavoro più in generale.

Particolarmente gradita sarebbe, inoltre, una tua breve nota personale sul libro (o sull’iniziativa artistica).

Qualche riga in cui ci parli del tuo rapporto più intimo con questa tua opera recente.

  • L’ultimo libro che ho pubblicato – Vocabolari e altri vocabolari (Macabor, giugno 2020) – è di poesia ed è stato protagonista del primo blog tour dell’editore. Inoltre, l’opera ha avuto la fortuna di venire subito letta dal noto poeta e critico letterario Bonifacio Vincenzi e da Lucia Gaddo Zanovello, raffinata poetessa che ne ha curato la prefazione.

Ho scritto Vocabolari e altri vocabolari (Colori e altri colori di Fabrizio Dall’Aglio, Passigli 2014, è all’origine del titolo) in aprile, una poesia al giorno, sotto la pressione dell’emergenza Covid. In realtà, provavo un profondo malessere da tempo, anche se non riuscivo a metterlo a fuoco. Solo appena finito il libro, me ne sono resa conto, perché sono stata colpita da un grave lutto. Una violenta scarica elettrica del tutto inattesa, proprio come scritto nella prima poesia.

A posteriori ho compreso di essermi aggrappata alla scrittura, per continuare a strappare alla vita tutto quello che potevo. I Vocabolari sono una specie di eredità che mi è stata lasciata. Non ho voluto vedere la vita che si stava spegnendo gradatamente, sperando ci fosse ancora tempo. Anche dieci anni fa fu la scrittura ad aiutarmi a superare le fasi più critiche di un lutto. Allora fu il romanzo contaminato con la diaristica a indicarmi la strada per ritrovare quanto perduto, seppur in una nuova dimensione. Quando sento dire “finché morte non vi separi”, mi sanguinano le orecchie… Io scrivo soprattutto “perché morte non ci separi”. Ma ovviamente l’opera poi vive di vita propria.

Vocabolari e altri vocabolari è scaturito dalla convergenza di un’infinità di elementi sedimentatisi nel tempo. I diari di Glenn e Mughetto (i cani Lord Glenn e Mr. Mughy, protagonisti di molte mie opere), tenuti dal 2007 al 2020, e quanto vissuto con loro, sono stati fondamentali.

Nelle mie opere spesso il cane è centrale, però il discorso riguarda tutti gli esseri viventi; individuo costantemente corrispondenze tra ciò che fa l’uomo e ciò che fanno gli animali. L’umanità degli animali e l’animalità dell’uomo sono due facce della stessa medaglia, per me. I Vocabolari appartengono alla medesima temperie che mi ha portato a concepire Neraneve e i sette cani (Italic, 2018, prefazione di Luigi Fontanella) – poema che, in un certo senso, riassume tutto quello che ho scritto e tutto quello che potrei scrivere – e L’innocenza usurpata, libro di cui è prevista l’uscita nel 2021, ma che è stato scritto dopo Neraneve e prima dei Vocabolari. Almeno nella mia mente, queste tre opere compongono una specie di Trilogia. Per i Vocabolari ho lavorato molto sulla lingua e sulle fiabe: Il soldatino di stagno, Cenerentola, Il gatto con gli stivali, Scarpette rosse, La bella addormentata nel bosco, La piccola fiammiferaia, La Sirenetta… E ci sono tanti riferimenti a poeti e artisti come Leopardi, Pascoli, Shakespeare, l’architetto Adolf Loos, Luce d’Eramo, Magritte…

Il taglio dato al discorso complessivo ha richiesto brevità (c’è tanta “filosofia” e comunque le singole liriche non sono corte): se avessi aggiunto altre poesie, tale discorso sarebbe divenuto troppo intenso e “doloroso”.

Le pagine di Vocabolari e altri vocabolari invitano a un’accurata riflessione sul linguaggio, in difesa dei più deboli e contro ogni forma di violenza. L’attenzione viene focalizzata costantemente sulle vittime.

Emergono da un lato i meriti delle creature più generose e sensibili, dall’altro le pesanti responsabilità dell’essere umano, mentre brandelli di realtà e di notizie di cronaca si mescolano ad atmosfere fiabesche.

Diversi critici e giornalisti si sono validamente occupati di questa silloge quasi poema, anche in forma di intervista. Tra gli altri, Emanuele Bellato, Alessandro Fo, Alessia Mocci, Paolo Ruffilli, Antonio Spagnuolo, Ilaria Mattiussi.

Sicuramente il tuo articolo “Il cane, l’essere più poetico di questo mondo” contiene lo studio più approfondito, poiché hai avuto modo di porre in relazione i Vocabolari con altri miei libri, sia di narrativa che di poesia. Se ne ricava un’impressione di una conoscenza diretta e profonda dell’autore, il che mi ha molto sorpreso, perché noi non ci siamo mai incontrati e parlati di persona (nemmeno al telefono), ci siamo soltanto intravisti una volta da lontano in occasione di una premiazione.

Alessandro Fo, con il quale non avevo mai avuto contatti prima di avergli inviato i Vocabolari, accostando il mio vivere appartato a parole di Seneca, ha pure colto nel segno: “in hoc me recondidi et fores clusi, ut prodesse pluribus possem: posterorum negotium ago” (“per questo mi sono rifugiato in me stesso e ho chiuso ogni porta: per poter essere di giovamento a molti; è del bene dei posteri che mi occupo”).

Emanuele Bellato ha definito “civile” la mia poesia e, accennando a Pasolini, mi ha fatto ricordare come a volte sia possibile raggiungere certi traguardi percorrendo vie ben diverse. Infatti, ho cercato a lungo una poesia estetizzante e non “civile”, per difendermi dai traumi (per es. non posso guardare le opere cinematografiche di Pasolini, perché mi risvegliano ricordi difficilmente sopportabili), ma poi, grazie ai cani e per loro, sono riuscita a conciliare le due componenti, l’estetizzante e la “civile”.

Lavoro molto sui “luoghi comuni”, non sopporto le generalizzazioni. Di recente Cristiana Vettori ha scritto una nota davvero efficace su Neraneve e i sette cani, riassumendo bene la mia poetica, accennando al superamento degli stereotipi di genere.

3 ) Fai parte degli autori cosiddetti “puristi”, coloro che scrivono solo poesia o solo prosa, o ti dedichi a entrambe?

In caso affermativo, come interagiscono in te queste due differenti forme espressive?

  • Sono (un) poeta (non amo definirmi “poetessa”, né “una poeta”), biografa, critico letterario, romanziere, diarista. Tutto quello che scrivo sfuma nella poesia.

Non sento molto mia la dimensione del racconto; infatti, le Architetture in origine erano racconti, poi sono divenute un poema. Comunque, “Bambini di serie B”, posto come introduzione al romanzo Glenn amatissimo, si presenta come un racconto.

La scelta tra prosa e poesia avviene in modo piuttosto istintivo, è la materia stessa che richiede una certa forma e di solito è un azzardo, perché ho in mente soltanto un titolo e un’infinità di dettagli e argomenti che non so se riusciranno a stare davvero insieme. Il rischio è che o tutto si incastri bene con il resto o che sia tutto da buttare.

La dimensione del poema ora mi pare quella a me più congeniale (e per motivi non soltanto letterari), una buona soluzione tra prosa (o romanzo breve) e poesia.

Concepisco la musicalità come ritmo derivante da un equilibrio geometrico, architettonico, non da processi auditivi. L’aspetto visivo e visionario è, per me, prioritario.

Non amo ingabbiare in una tessitura metrica (sebbene gli insegnamenti di Raffaele Spongano mi abbiano a lungo fatto riflettere) i miei versi, anche se non escludo la possibilità di infrangere non solo le regole della tradizione, ma anche quelle che mi sono data personalmente (per es., per le Architetture la struttura portante è composta da tre distici per frammento, per sottolineare la tridimensionalità costruttiva).

Ai tempi dell’università riuscii a imparare la lettura metrica della poesia latina soltanto dopo averla ricondotta al mio modo di ragionare “per immagini” e calcoli. Invece gli altri compagni di studi tranquillamente procedevano “a orecchio”, senza chiedersi il perché. Sono stonata e probabilmente l’udito è il mio senso più scarso, anche se ho gusti precisi, che mi inducono a scegliere con decisione possibili abbinamenti sonori o meno.

Comunque, non seguo una teoria consolidata. È vero che preferisco i colori e le forme ai suoni e agli odori, tuttavia credo che, per un poeta o per uno scrittore, uno degli strumenti più affascinanti a disposizione siano le sinestesie. E allora mi ritorna in mente Pascoli, attraverso gli studi di Clemente Mazzotta, il quale mi ha trasmesso anche la passione per Alfieri.

4 ) Quale rapporto hai con gli altri autori? Prediligi un percorso “individuale” oppure gli scambi ti sono utili anche come stimolo per la tua attività artistica personale?

Hai dei punti di riferimento, sia tra i gli autori classici che tra quelli contemporanei?

  • Alle elementari, quando mi fu assegnato il primo libro da leggere, non ci potevo credere che si dovesse frammentare la lettura nell’arco di giorni, settimane o addirittura mesi: avrei voluto poter leggere qualsiasi libro in una sola giornata! Alle medie e alle superiori mi sentivo molto vicina a Leopardi, perché detestavo il mio “natio borgo selvaggio”. Quando poi scoprii Alfieri, ai tempi dell’università grazie al filologo Clemente Mazzotta, mi si spalancò un mondo del tutto inatteso e in sintonia con i miei ideali. Avevo incontrato finalmente un poeta in grado di farmi sognare! Non a caso Domenico Cara, accennando agli influssi di Alfieri nella mia opera, ha scritto di una fascinazione probabilmente non soltanto letteraria. A lungo ho scritto combattuta tra due fuochi: Alfieri (“il mio Vittorio ha le labbra verdi”) e Lord Byron (divenuto importantissimo con l’arrivo di Glenn nella mia vita).

Se scrivere è parlare, leggere è ascoltare. Di persona raramente incontro qualche altro scrittore. Amo inserire citazioni nei miei libri, rendere omaggio ad altri autori, ma di solito le scelgo a posteriori, non sono fonte di ispirazione, bensì punto di convergenza. Spesso preferisco poeti e scrittori di cui mi colpisce qualche aspetto del loro carattere o della loro biografia, anche se non va confusa l’opera con il vissuto di chi l’ha concepita.

Sento Byron con la sua zoppia (nel mio lavoro ho spesso sovrapposto la sua immagine a quella di Lord Glenn) e Luce d’Eramo con le sue vicende biografiche (anche lei fu ricoverata all’Istituto Rizzoli), e autrice di Partiranno, a me particolarmente vicini.

Degli autori che non ci sono più (ma, in realtà, in una certa misura il discorso vale pure per i viventi), preferisco non cercare di leggere (quasi) tutto, perché così ho la possibilità, nel tempo, di scoprire ancora qualcosa di nuovo.

Le voci care sono davvero tante. Leggo opere di classici e contemporanei, italiani e stranieri, capolavori famosi e scritti minori o di autori quasi sconosciuti, opere pubblicate da “grandi editori” come dall’editoria superficialmente definita “a pagamento”. Soprattutto sono vittima di Internet e divoro brandelli di tutto quello che mi capita. E rileggo a volte ossessivamente.

Per nutrire la mia anima, per trovare ispirazione, serve altrettanto il contributo di pittori, scultori, architetti ecc. Le mie letture via via sono diventate sempre più imprevedibili, legate alle occasioni più diverse, avendo, tra l’altro, collaborato, nell’arco di circa quindici anni, con una casa editrice.

Grazie a Margherita Azzi Visentini, a suo tempo, imparai ad apprezzare Alexander Pope, importante per la Storia dei Giardini, e, grazie a Guido Zucconi, Adolf Loos (a proposito di “Maurer”… “L’architetto è un muratore che ha studiato il latino”, sua celebre affermazione, e Parole nel vuoto e Ornamento e delitto vengono da me citati non di rado).

Per quanto concerne i poeti e scrittori del nostro tempo con i quali ho avuto modo di entrare in contatto, prima è venuto l’interesse per l’opera – mia o loro – e poi la conoscenza diretta o indiretta della persona. Così ho conosciuto anche mio marito. Di solito si tratta di poeti o scrittori particolarmente amanti degli animali, ovvero di tutti gli esseri viventi, e capaci di costante autocritica. Ancora mi emoziono ed entusiasmo, incredula, come un’adolescente con i suoi idoli, ricevendo quotidianamente e-mail, lettere cartacee, libri, riviste, telefonate da alcune tra le voci più significative del mio tempo!

Da alcuni anni ho trovato il coraggio di interrompere la lettura per non riprenderla più, se l’autore non riesce a farmi “divertire”, allontanare da un solco precostituito. Mi annoiano sia il cerebralismo che il sentimentalismo variamente ostentati. Ritengo che nella vita nulla sia banale, tuttavia come si guarda è determinante.

Alcuni poeti non lo sanno, ma hanno contribuito in modo significativo a non farmi abbandonare definitivamente la scrittura (scrivere, in me, ha sempre generato amore-odio, perché non mi ha consentito l’indipendenza economica).

Rappresentano un grande sogno divenuto realtà, la mia opera Architectures Three-dimensional Poems accolta nella Collana diretta da Luigi Fontanella, dopo essere rimasta per molti anni nel cassetto, e l’Introduzione a Neraneve e i sette cani, che lo stesso Luigi Fontanella ha curato. Mi cattura, una dolce malinconia, ripensando ad alcuni suoi libri. Il suo Monte Stella (Passigli, 2020) mi rammenta “Le cinque punte”, la montagna a me più cara. E grazie a Luigi Fontanella e al suo libro Il dio di New York (Passigli, 2017), ho potuto scoprire la poesia e l’infelice biografia di Pascal D’Angelo.

Un altro sogno realizzato è la nota di lettura che Alessandro Fo ha dedicato a Vocabolari e altri vocabolari. Egli è uno dei pochi poeti capaci di farmi ridere o sorridere anche mentre sento ancora l’amaro in bocca o una fitta in pieno petto. Grazie a lui ora compare Pierluigi Cappello tra le mie prossime letture. L’aver letto poesie in friulano di Cappello molti anni fa, mi aveva un po’ tolto la curiosità di avvicinarmi ad altre sue opere, perché mi ricordava troppo un mondo dal quale ho spesso cercato di allontanarmi.

In particolare, a essere del tutto sincera, mi sento piuttosto distante dalla maggior parte degli altri poeti, perché non concepisco l’infanzia come una “età dell’oro” individuale, anche se a volte è capitato che vi abbia fatto riferimento.

Non potrei scrivere se non introducessi anche elementi a me estranei nelle mie opere. La fantasia deve fondersi con il vissuto, eppure le biografie rimangono la mia passione.

La vita di ogni essere vivente è una miniera incredibile e può risultare interessantissima, se solo vengono poste le domande giuste.

Mi interessano molto le opere altrui, ma anche le vite dei loro autori.

Mi fanno sentire meno sola.

5 ) L’epidemia di Covid19 ha modificato abitudini, comportamenti e interazioni a livello globale.

Quali effetti ha avuto sul tuo modo di vivere, di pensare e di creare?

Ha limitato la tua produzione artistica o ha generato nuove forme espressive?

  • Anche se non ci fosse stata l’epidemia di Covid-19, credo che i tempi per la stesura (definitiva) di Vocabolari e altri vocabolari fossero ormai maturi. Di certo, invece, è stato decisivo, per riuscire a trovare una tale concentrazione, l’aver dovuto rimandare la pubblicazione de L’innocenza usurpata.

Conduco da sempre vita appartata, quindi non è cambiato molto nella mia quotidianità, e ho sempre avuto molte fobie. Mi mancano terribilmente, però, le mie montagne e il mio mare, e l’illusione di avere un po’ di libertà. Inoltre, io che amavo pianificare e ripianificare qualunque cosa in continuazione, ora più che mai mi trovo costretta ad affrontare un giorno alla volta.

Percepisco qualunque tragedia collettiva come una somma di tragedie individuali.

Non credo si possa veramente affermare che non si dovrebbero più scrivere poesie dopo certe sconfitte dell’umanità.

Proprio quando i tempi sono più bui, dovremmo cercare di costruire qualcosa di bello da mettere sull’altro piatto della bilancia.

Grazie infinite a te, per l’occasione di riflessione e condivisione, e ai lettori di Dedalus!

poesia e prefazione

da

Vocabolari e altri vocabolari

 

Ogni parola, un cassetto nel ventre,

un piano di grattacielo,

una grotta nascosta,

un brillare di stelle al centro dell’inferno.

Una popolazione di lettere e sillabe democratiche,

una raccolta differenziata di pesi netti e tare.

Tu chiami amore qualcosa

che non ammette inclusione impura

nel cristallo del dire,

né il peso lordo nel gioco combinatorio.

Nel mio mondo, invece, la tua è indifferenza,

e l’odio non è nuocere, bensì non collaborare

e non aiutare a fare del male

a chi non ha spine per potersi difendere.

La sofferenza è uguale per tutti,

ma c’è chi è più uguale di altri.

Hanno strappato l’anima alla parola animale,

coloro che non amano nemmeno l’uomo.

Il bambino istintivamente adora gli animali

e, per essere rispettato,

esige che loro vengano protetti.

Qui me amat, amet et canem meum.

Parole nel vuoto:

Ornamento del dire diventa delitto,

nel vuoto di-s-senso.

Virgolette e corsivi,

per battute di dialogo e pensieri del cane protagonista,

non vengono accettati dall’editore,

poco avvezzo allo studio delle lingue straniere.

Ma l’autore sa se l’espressione sul viso di pelo

significa “mi sento così e lo tengo per me”

oppure “mi sento così e te lo dico!”!

Dubbi assalgono anche i controllori della lingua,

che devono spesso arrendersi al furor di popolo

e ai numeri dei motori di ricerca:

occorrenze di forme più o meno (s)corrette

(repetita iuvant…),

per portare nuova linfa nelle pagine

di enciclopedie e Vocabolari,

insicuri nel vestito del proprio scrivere,

dubitando addirittura dell’ausiliare giusto,

insidiati dall’ipercorrettismo.

Esistono corrispondenze

l’equivalente della parola,

l’equivalente dell’uomo –

ma il linguaggio equivalente non viene ap-prezzato:

non è farmaco di marca,

non è cane o gatto di razza.

Il lignaggio del linguaggio,

contrapposto alla ricchezza del meticciato.

E le inversioni inattese:

la religione come scienza,

la scienza come religione,

la preghiera che offende come bestemmia,

la bestemmia che vuol essere preghiera,

la folle o profetica allucinazione.

Voglio una parola

che sia violenta scarica elettrica,

pensiero per immagini,

taglio che chiude la pagina.

Non il sottovoce che non ha funzionato.

Voglio un intonaco arrotolabile,

spolverato di cipria di marmo di Carrara

e travertino romano,

per coprire queste pareti di un nuovo inizio,

perché l’errore non ricompaia.

PREFAZIONE DI LUCIA GADDO ZANOVELLO

“Voglio una parola / che sia violenta scarica elettrica, / pensiero per immagini, / taglio che chiude la pagina. / Non il sottovoce che non ha funzionato.”

Brina Maurer, qui autrice di un libro scritto nella lingua di cui si avvale chi parola non ha, denuncia con la forza aggiuntiva e unica della poesia l’inganno secondo il quale fin da piccoli ci viene fatto credere che gli animali delle altre specie sono esseri inferiori, che non meritano o non necessitano di molta considerazione, dimenticando la loro provata straordinaria sensibilità, il dolore e le emozioni che essi pure sperimentano.

Gli umani si comportano in modi diversi con gli animali, ma alcuni di loro non li rispettano e molti ancora purtroppo non si preoccupano minimamente di come vengano trattati, nemmeno quando vengono torturati. Sebbene sia considerato lodevole prestare aiuto agli umani bisognosi, quando un essere non umano avrebbe bisogno di essere soccorso viene spesso abbandonato al suo destino, e anche questa è una forma di discriminazione specista, dato che tutti gli animali hanno necessità e diritto a non essere penalizzati, sfruttati od offesi.

Negli ultimi decenni, fortunatamente, evento rivoluzionario quanto tardivo, nell’umanità va facendosi strada la consapevolezza, per qualcuno incresciosa, di essere parte non soltanto della natura, quanto soprattutto della compagine degli organismi animali, a volte persino senza variazioni di grado e di valore, comprendendo finalmente che siamo interconnessi nel profondo con la natura e con gli altri esseri viventi, che dobbiamo custodire la complessità della vita per salvare la nostra stessa esistenza sul pianeta.

Non più dunque la morale dell’uomo sovrano del mondo, ma una legge universale che ci veda parti integrate in un tutto, senza limiti di spazio e di tempo.

Vi è poi la necessità urgente, e questo ‘Vocabolario’ diviene raro e prezioso strumento a tal fine, di coltivare nell’uomo la propensione all’empatia fin dalla più tenera età, solo così si potrà aprire la strada alla giustizia, capacità di chi, sospeso il giudizio negativo della diversità, sentendosi in armonia con l’intero universo, sarà in grado di abbracciarlo totalmente, specchiandosi in esso, allora il paradiso da cui l’uomo si è dolorosamente allontanato potrà tornare sulla terra.

Verità e certezze che chiaramente legge e impara chi ha guardato a lungo negli occhi di un cane, comprendendo e assimilandone la lingua purissima, tenera e innocente.

Lucia Gaddo Zanovello

brina maurer « DEDALUS: corsi, testi e contesti di volo letterario

Brina Maurer è nata a Codroipo (Udine) il 15 dicembre 1970. Laureata in Lettere e Filosofia (Conservazione dei Beni Culturali) con lode, è stata pubblicista ed è poeta, romanziere, diarista, biografa e critico letterario. Presente nell’antologia on line Italian Poetry, ha scritto 25 libri e più di 200 articoli. Con il “Ciclo di Glenn” (oltre 1600 pagine di narrativa dedicate alla disabilità nel mondo animale) ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti nell’ambito del Premio “Franz Kafka Italia®”. Ha dedicato una Collezione di oltre quaranta diari al cagnolino Mughetto (più di 4500 pagine manoscritte). Sue poesie sono state tradotte in inglese americano e greco moderno. Ha ricevuto circa un centinaio di riconoscimenti nell’ambito dei premi letterari.

Il lume della follia

Prisco De Vivo, Il lume della follia, Oèdipus Edizioni, 2019
nota di lettura di Ivano Mugnaini
È quasi ossimorico il titolo della raccolta di Prisco de Vivo. La follia è pervicacemente associata, da secoli, al buio, all’oscurità. Si tende a dire “una mente offuscata dalla follia”. Ebbene, tramite i versi e le immagini, tramite l’interazione tra la parola e la dimensione visiva (intensa in senso ampio, anche come sguardo ulteriore, al di là delle barriere preconcette), De Vivo ci propone, anzi, ci conduce a vedere il lato luminoso della follia.
Nella sua visione di credente, inoltre, la luce non può non abbinarsi in modo immediato al concetto, anzi all’atto della fede. Fede intesa, appunto, come volontà di scardinare le barriere che impediscono l’autentica comprensione tra gli esseri umani.
«Quando citi le cose del mondo che ti limitavi a tenere nascoste, mi sono sentito ancora più trascinato dentro questa tua illuminante raccolta», ha scritto Paolo Ruffilli in una nota di lettura il cui testo riporto integralmente in calce a questo mio spazio introduttivo.
Le cose, quindi, la materialità da un lato e, sul fronte opposto, la luce, qualcosa di impalpabile che tuttavia si relaziona con l’oggettualità dando vita a quella dimensione complessa e fertile che rappresenta il terreno di espressione (e di lotta) per l’estrinsecazione del sé autentico, la libertà di essere noi stessi.
Per Prisco l’opzione è insita nel coraggio di guardare con la stessa intensità la bellezza e l’orrido, il bene e il male, intersecati, tra sublime e orrifico. L’arte è conciliazione tra ricerca di perfezione e consapevolezza dell’imperfezione. Il viaggio si compie nell’atto di rendere la perfezione più umana e l’imperfezione più percepibile, più osservabile, vicina a farsi specchio in cui ognuno può cogliere, andando oltre la superficie, i propri sogni più puri e i propri demoni, le ali e le rughe che stravolgono i volti.
Il libro si basa sull’alternanza o meglio sulla coesistenza tra le idee annotate sulla pagina e la materia viva, i grumi di colore. Al punto che anche le parole assumono consistenza quasi tattile, il rilievo nodoso della sofferenza ma anche dell’energia che mira a liberarsi, liberando se stessa e chi la genera, chi la possiede chi e ne è posseduto: «scordati di me / di te / delle tue ruvide mani / che in un lampo di radice / divennero / LUCE DI SANGUE».
Per rendere più autentica e intensa l’osservazione, l’occhio deve trovare la volontà e la forza di infrangere i vetri dei preconcetti per arrivare al nucleo essenziale: «Guardo in bocca ai malati che / rompevano con i denti / i vetri delle strade / dalle loro fauci / sbucano fiori di colore vermiglio».
Il libro di De Vivo possiede una solennità mai eccessiva, mai ridondante o teatrale. Non sono quadri di maniera, quelli che dipinge con le parole e con i pennelli. Ciò gli consente di ottenere un’espressione sincera, nella sacralità del dolore, che tuttavia non è descritto come oggetto intoccabile, ma, al contrario, è umanizzato. La disperazione, al di là di infiniti e tortuosi percorsi, può sfociare in uno spazio diverso: «Quando riuscirò a morire veramente / liberandomi dall’inferno, / delle colonne coclidi, / dal polistirolo dei farmaci / dalla dissenteria dell’anima».
L’impressione è che De Vivo abbia scritto questo libro con estrema sincerità, non per aggiungere un titolo alla sua bibliografia. Tale autenticità gli ha permesso di scrutare l’abisso senza perdersi, senza smarrire lo sguardo e la voce. Gli ha consentito, per quanto umanamente possibile, di giungere all’immedesimazione con il dolore più lacerante e vero, ma anche con la forza vitale e creativa, fuoco e lava di vulcano. Quella che, a dispetto di tutto, a tratti, magari in imprevedibili istanti, può condurre al punto più estremo al cui fondo c’è la rinascita, o meglio la nascita a vita vera.
        IM
de vivo cover

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UNA NOTA DI LETTURA A “IL LUME DELLA FOLLIA”
Punteggiate dai tuoi incisivi disegni, le tue intense poesie colpiscono e coinvolgono quasi a specchio sorprendente della situazione drammatica in cui adesso ci troviamo a vivere e con l’effetto che le tue presenze familiari trapassano in figure universali di ieri e di oggi.
E, quando citi le cose del mondo che ti limitavi a tenere nascoste, mi sono sentito ancora più trascinato dentro questa tua illuminante raccolta.
Colpito anche dal continuo intervenire tra le righe e in epigrafe di scrittori anche per me di riferimento.
                                                                                        Paolo Ruffilli
 

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NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA

Prisco De Vivo è pittore, scultore e poeta. È nato a Napoli nel 1971 e vive ad Avellino.  Ha pubblicato i volumi di poesie: Dell’amore del sangue e del ricordo (selezionato al Premio Pascoli 2005) (Il Laboratorio/Le edizioni, 2004, prefazione di Plinio Perilli e postfazione di Raffaele Piazza), Segni e parole (In una notte oscura e uggiosa) (Il Laboratorio/Le edizioni, 2006, lavoro di poesia/immagini a quattro mani con Raffaele Piazza), Dalla penultima soglia (Marcus edizioni, 2008, prefazione di Marcello Carlino), Ad Auschwitz (Il Laboratorio/le edizioni, 2009, prefazione di Enzo Rega e postfazione di Antonella  Cilento), ha ricevuto per la raccolta Il lume della follia il secondo posto del Premio Nazionale Minturnae XXIII edizione per l’inedito, 2009.

È stato incluso in varie antologie tra cui: Melodia della terra (Secondo Volume) 2006 (Crocetti editore, a cura di Plinio Perilli), Da Napoli, Verso Kairos editore, a cura di Antonio Spagnuolo e Stelvio Di Di Spigno) 2007 (Poeti e Pittori di [Secondo Tempo] 2013 Marcus Edizioni, a cura di Alessandro Carandente e Marcello Carlino).

Le recensioni sui suoi testi poetici e le sue poesie sono apparsi su: Poiesis, Risvolti, La Clessidra, Pagine, Gradiva, La Mosca di Milano, Secondo Tempo, Capoverso, Poesia, Repubblica, La Stampa, Il Mattino, Sinestesie, Zeta, Cenobio, Trimbi, Clandestino, Graphie, Poeti e Poesia, Frequenze Poetiche.

Ha collaborato a diversi periodici e riviste d’arte e letteratura, italiane e straniere, cartacee ed on-line, inoltre è stato presente a mostre di poesia visuale e recitals poetici.

Si è occupato di saggistica, scrivendo su poeti come: Pier Paolo Pasolini, Dario Bellezza, Camillo Capolongo, Guido Ceronetti, Rubina Giorgi. Nel 2020 ha pubblicato il volume di poesie e immagini Il lume della follia Oèdipus edizioni.

https://www.rivistaclandestino.com/guido-ceronetti-il-vetusto-e-geniale-maestro-del-pensiero-terribile/

http://frequenzepoetiche.altervista.org/prisco-de-vivo 

http://www.cinquecolonne.it//26/5/2019/poeti-in-Campania-prisco-de-vivo 

http://www.rivistaea.it/18/7/2018-la-promessa-di-orfeo/prisco-de-vivo

http://www.facebook.com/priscodevivo/

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Le distrazioni del viaggio

 

Il 30 novembre nell’ambito degli incontri letterari organizzati dall’Associazione AstrolabioCultura presieduto da Valeria Serofilli ho avuto modo di dialogare con Annalisa Ciampalini riguardo al suo libro Le distrazioni del viaggio. Ne sono nate domande, curiosità e interrogativi a cui Annalisa ha risposto in modo sempre originale, mai scontato, abbinando lucidità di visione e passione espositiva. Riporto qui di seguito le mie domande (anche quelle da un milione di euro, interessi compresi) e le risposte dell’autrice, sempre all’altezza.
Buona lettura, IM

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Pisa 30 novembre 2018

Annalisa Ciampalini, Le distrazioni del viaggio, Samuele editore, 2018

1 ) La prima considerazione è di carattere fisico, spaziale, ma sappiamo che tutto nella scrittura ha un senso e risvolti tematici e simbolici.

Il tuo volume è condensato, l’impressione è che tu abbia voluto offrire il frutto di lunghe e accurate “decantazioni”.

È una tua caratteristica costante la scrittura sintetica, densa, deliberatamente racchiusa nell’arco di versi brevi, oppure è correlata alla genesi specifica di questo libro?

La scelta della concisione è legata anche ai tuoi studi, al tuo legame con la matematica o si tratta di percorsi paralleli senza punti di incontro?

I tuoi modelli letterari, infine, hanno influenzato questa tua caratteristica?

A: Sicuramente la mia formazione scientifica ha contribuito all’essenzialità del modo di esprimermi, a volte rintracciabile anche in prosa. I modelli letterari, ossia gli scrittori e i poeti che leggo con assiduità e che amo, credo influenzino soprattutto l’atmosfera dei miei componimenti piuttosto che la scelta del verso. Spesso di certi poeti mi affascinano il ritmo e la melodia che le parole formano e assieme a questo il sentimento di uno stato d’animo che pur non essendo mio, mi pare di sfiorare. È anche da simili stati emotivi che la mia poesia prende vita. In questa raccolta i componimenti sono più brevi rispetto ai precedenti, questo perché ho scelto di lasciare inespressa la connessione tra le esperienze terrene e quotidiane dell’individuo e la sua parte spirituale che in questo libro viene privilegiata.

 

2 ) L’esergo del libro, proprio di tutti i volumi della collana Scilla di Samuele editore, riporta versi di Paolo Ruffilli, con una sua personale variazione sul tema del “carpe diem”. Come ti collochi rispetto alla tradizione, sia quella classica che quella contemporanea? C’è un’influenza diretta o si tratta solo di spunti, di occasioni di riflessione?

 

A: L’editore Alessandro Canzian ha deciso di adottare i bei versi di Ruffilli come motto per la collana Scilla. Sono stati scelti con cognizione di causa, e io mi ci rispecchio in quanto credo che il concepimento di un verso sia un atto breve e raro, un attimo particolare in cui decidiamo di cogliere qualcosa che non ci appartiene del tutto e di farlo nostro. Ad ogni modo, nell’ultimo verso, Ruffilli riporta quasi per intero il paradigma del verbo carpere, e non possiamo non pensare ad Orazio. Sono affezionata alle Odi di Orazio che risuonano ancora dentro di me dopo averle lette al liceo rispettando la metrica latina. Orazio ci dona una riflessione esistenziale profonda, da cui deriva un’esortazione a vivere la gioia dell’attimo presente, senza che venga offuscata dall’incertezza e dalla preoccupazione per il futuro, in quanto niente possiamo sapere dei giorni a venire. Sono perfettamente d’accordo con questa visione della realtà. Non condivido invece l’idea di vivere solo per il presente, non ricordando il passato e non considerando i progetti per il futuro.

 

3 ) Ci sono riferimenti nel tuo libro ad ambiti di studio scientifico, a tratti psicanalitico, in particolare c’è uno scavo accurato del rapporto complesso tra l’io e il mondo esterno, gli altri, e l’indagine sulle “aree grigie dell’ignoto”. Ma ci sono, in modo indiretto ma percepibile, riferimenti anche ad altre arti: il rapporto tra luce e buio, tenebra e visione, ricordano, ad esempio, certi quadri di Caravaggio. Si tratta di semplici riferimenti casuali o sono fonti di ispirazione?

A: Caravaggio è un pittore che amo molto, che mi suggestiona profondamente e mi fa sognare. Non ho scritto nessuna poesia del libro pensando o guardando un’opera precisa di Caravaggio, ma sicuramente l’alternarsi del buio con la luce è un’immagine che mi ispira molto, mi dà il brivido necessario per scrivere. La luce della conoscenza, le aree grigie dell’ignoto, e il confine sempre mutevole tra queste due regioni che mai troveranno una netta separazione sono linfa vitale per i miei versi. E in Caravaggio la luce è piena e le tenebre profonde, troviamo passione e mistero che si lasciano guardare, che ci invitano a lanciare lo sguardo oltre i margini che delimitano l’opera.

 

4 ) “Le finestre al mattino / ci guardano, sognano il viaggio che faremo”, scrivi nella lirica di pagina 42.

Calderon de la Barca sosteneva che “la vita è sogno”. Alcuni secoli dopo Garcia Lorca replicava che “la vita non è sogno”. Tu come ti collochi? Da quale parte ti schieri?

A: Non sono portata a condividere pienamente l’affermazione di Calderon de la Barca, e non perché la consideri in assoluto eccessiva o errata, ma perché percepisco il sogno e la vita in modo profondamente diverso. I sogni non sottostanno alla pesantezza delle leggi fisiche, ad esempio, nei sogni certe cose possono trasformarsi inaspettatamente in altre senza che vi siano cause o conseguenze precise, in una leggerezza anomala. Io nella vita avverto pesantezza e gioia, l’inerzia che si oppone al mutamento, o il mutamento spiazzante che richiede fermezza d’animo e grande coraggio. Invece mi pare che il sogno abbia caratteristiche differenti, che si accordano con una levità non propria della vita. Ad ogni modo esiste l’immaginazione e tramite quella possiamo concepire la vita come vogliamo. Durante il tempo di lettura di una poesia, la vita può essere percepita nella modalità che più ci aggrada, adeguandoci alle sensazioni ispirate dai versi.

 

5 ) Nella prefazione al libro Monica Guerra osserva che “la lingua dei numeri non è mai esercizio scientifico nei versi di Annalisa Ciampalini, bensì metafora del vano”. Come consideri e come vivi il rapporto tra il mondo dei numeri e quello delle parole?

A: Nel mio modo di vedere vi è un profondo rapporto. Se come mondo dei numeri intendiamo la matematica, in essa, proprio come nella letteratura, l’immaginazione ha un ruolo fondamentale. La risoluzione di un esercizio significativo in matematica richiede una buona dose di immaginazione, la stessa materia prima che si impiega nella stesura di un romanzo, nella scrittura di un componimento poetico. Credo che l’immaginazione sia una delle facoltà più rilevanti del genere umano, quella cosa che permette alla mente di fare dei veri salti. La matematica, come la letteratura, le scienze e le arti in generale nascono anche grazie all’immaginazione. I vari ambiti differiscono per conoscenze, per tecnica, ma l’immaginazione è comune.

 

6 ) Il tema del paesaggio è centrale nel tuo libro.

Ma è un paesaggio, per fortuna, che non è mai solamente sfondo o occasione per realizzare dei quadretti di maniera o delle nature morte tramite i versi.

Quando e come accade, a tuo parere, che il paesaggio diventa specchio dell’uomo?

A: Credo che il paesaggio che ci circonda e l’essere umano stabiliscano una relazione fin dal loro primo incontro. La retina del neonato è in primo luogo impressionata dall’immagine materna e poi dalle altre figure significative che gli ruotano attorno. Il paesaggio non ha sembianze umane, ma ha un’immagine ben precisa che il bambino osserva quotidianamente. Immagino che fin dalla prima infanzia, quando la mente è molto attiva nello stabilire corrispondenze tra oggetti e nomi, e poi concetti, si cominci a dare un significato preciso al disegno del paesaggio. L’andamento della linea dell’orizzonte, la salita di una strada, la vista del mare possono assumere significati che corrispondono allo stato d’animo di una persona o ai pensieri. Credo che il motivo per cui il paesaggio ricorre molto spesso nelle poesie sia anche questo: già Leopardi nel suo Zibaldone ci dice in modo mirabile la corrispondenza tra un paesaggio e l’idea di indefinito. Quindi il paesaggio è specchio dell’uomo, inteso soprattutto come essere pensante e vivificato dalle emozioni.

 

7 ) Ci sono riferimenti nel libro a poeti come Bruno Galluccio (anche lui di formazione scientifica), e a Rainer Maria Rilke e torna in modo ricorrente Tomas Tranströmer che identica la mente come il luogo in cui il vuoto si congiunge con il pieno.

Una domanda da un milione di dollari (o euro): di cosa è possibile riempire il vuoto, nella poesia e nella vita? Ossia, cosa resta, alla fine di tutto?

A: È davvero una domanda da un milione di euro. Forse ognuno di noi è chiamato a trovare un senso per la propria vita, probabilmente vi sono individui che lo fanno senza nemmeno pensarci, quasi fosse un esercizio imposto ed eseguito meccanicamente. Una pratica spontanea, come respirare. Per altre persone risulta più difficile, e sebbene la vita sia piena di cose da fare resta sempre contaminata dal vuoto. La presenza del vuoto, all’interno di una vita, può anche essere accettata, vista come necessaria e non temuta. Nella poesia il vuoto può essere una condizione imprescindibile affinché si crei una scrittura piena di significato. La scrittura di Tranströmer, che tu hai citato e che io amo, prende spesso inizio da un’esperienza di vuoto, entità che per noi è invisibile. Ma la poesia, a volte, trova senso proprio quando vuol nominare l’invisibile, dare corpo all’immateriale.

 

8 ) Il titolo del libro è efficace e particolare.

Distrazioni è un vocabolo che racchiude in sé più significati. Quali ti sono più cari e quali hanno fatto sì che venisse scelto come parola cardine del tuo libro?

A: “Distrarmi dal mio viaggio/ appiattirmi lungo il tuo occhio”. Questi sono i versi che aprono la prima sezione della raccolta e che si intitola “Fuori da noi”. Distrazione indica, nel caso del titolo del libro, l’istante anomalo in cui l’ego perde forza e siamo inclini a vedere l’altra persona in modo diverso, quasi fosse parte di noi. Il termine viaggio è da interpretare come la sequenza degli istanti che formano una vita. Quindi il titolo del libro vuol dare significato a quei rarissimi momenti in cui ci distraiamo dalla nostra esistenza che perciò diventa fragile e indifesa, penetrabile da altre esistenze. Processo, questo, che può non verificarsi mai, oppure può avvenire spontaneamente, senza che vi sia una ricerca.

 

9 ) Nella poesia di pagina 20 si leggono questi versi: “il tuo pensiero lento / cerca un rumore bianco, / t’inchioda nell’ossessione di un ricordo”. Quello del tempo è il punto chiave, in poesia e non solo.

Qual è il tuo rapporto con il tempo? Come lo definisci e come lo vivi.

 A: Il mio modo di concepire il tempo è forse quello più scontato: un tempo lineare, con gli istanti posizionati su una semiretta, un tempo che non torna mai indietro, una serie di processi irreversibili. Ma alla fine non conta molto la definizione che ci sembra più razionale o la concezione astratta, l’importante è come si vive. Sono una persona ansiosa e il tempo non mi basta mai. Vorrei vivere più di una vita, assaporare i sentimenti degli altri, sentirne il gusto delle emozioni. Come dire: una vita è troppo poco. L’immaginazione, la scrittura, l’arte in generale e le persone reali mi aprono mondi sempre nuovi, mi aiutano a vivere con curiosità il tempo che passa. Poi c’è il tempo di lettura: la durata di lettura di una poesia o di un romanzo è un tempo che obbedisce a splendide leggi ignote.

 

10) A pagina 27 si parla di un dio che “tace sempre”. Che rapporto hai con il mistero di questo silenzio continuamente da interpretare?

A: Forse un silenzio assoluto non c’è mai stato, immagino che qualche rumore abbia sempre risuonato nell’universo. Certo è che il linguaggio dell’uomo, quello che usiamo in poesia, nasce dal silenzio; prima del suono della parola originale vi era silenzio. A volte chi scrive avverte l’urgenza di andare oltre la parola più usata, di ricercarne l’origine remota, quel suono inarticolato e breve al confine col silenzio e che a un certo punto iniziò a significare qualcosa. La poesia, poi, è anche il luogo del non detto: servono spazi bianchi e parole taciute affinché il lettore possa trovare un posto dove accomodarsi e iniziare a far parte del testo.

 

11 ) La tua poesia di pagina 48 evoca “la mente” e qualche verso dopo “un miracolo semplice di corpi caldi”. Tra carnalità e pensiero c’è uno iato, un divario, o sono parte di un tutto condiviso?

A: In questa raccolta la mente e il corpo sono divisi; divisi in quanto differenti e in quanto collocati in spazi diversi. La mente occupa gli spazi alti, il corpo è confinato a occupare i piani bassi a causa delle leggi fisiche a cui è soggetto, leggi che poi diventano anche simboli. La “casa rasoterra” è il luogo del corpo, un luogo in cui imperversa il tempo e l’usura, ma anche luogo di attesa, di tensione verso l’alto. Verso i pensieri che ci salvano e che sfioriamo appena.

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Annalisa Ciampalini è nata a Firenze nel 1968. Ama da sempre la poesia e la matematica, la musica e la natura. Nel 2008 ha pubblicato la raccolta L’istante si dilata con Ibiskos Editrice, nel 2014 la raccolta L’assenza edita da Ladolfi Editore. Suoi contributi appaiono su diverse antologie edite da Fara editore. Insieme a Giancarlo Stoccoro ha contribuito al libro Pierino Porcospino e l’analista selvaggio (ADV Publishing House 2016) volume che raccoglie testi di diversi autori. Il suo ultimo libro è Le distrazioni del viaggio (Samuele Ed. 2018)