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SHINING

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Osservazioni postume di Stanley Kubrick –

Non posso non amarlo. Il vento è rabbia, gioco, guizzo improvviso. Un bambino che vola su un prato a braccia spiegate, urlando, fischiando, ridendo ad ogni piega della sua inafferrabile corsa. Non come me. Non come il mio mulinare di gambette isteriche su un ridicolo triciclo di plastica. Gesti meccanici, condizionati. Binari invisibili percorsi da scariche nervose. Ho trascorso la vita intera a cercare di liberare quel bambino. Dal mondo e da me stesso.

Ma rifluisce, giorno dopo giorno, l’ondata vermiglia che invade la stanza. Fiele stillato da bulbi pulsanti, gli occhi strabuzzati di un urlo che ti squarcia, acciaio che penetra lento. Ho nutrito per mesi il feto tremolante di quelle immagini. Ho lottato per farlo sgusciare fuori dagli occhi, per liberarmene, per stringerlo tra le mani, amandolo, nell’odio ineluttabile.

E gli altri a dire “è bello”, oppure “è orrendo, schifoso”, senza sapere cosa né come.

Ma a volte sono fuggito. L’ho raggiunto, a volte, il vento del tempo. Sono corso avanti e indietro, sempre sentendo il presente conficcato nelle carni. Ho esplorato la preistoria ed il futuro. La mia misera, aurea libertà.

Ho afferrato il profumo di primavere lontane, le carezze, il riflesso della luce nel verde dei prati. Ho scordato le grida di orrore, per qualche istante. Mi sono strappato di dosso il fango indurito della guerra.

Ho sempre preferito il tepore di due braccia sincere all’acciaio eroico dei moschetti e dei cannoni. Anche il tepore effimero di un incontro occasionale. La dolcezza senza futuro di una notte d’amore. La signora generosa incontrata per caso da Barry Lyndon. Colori pastosi ritrovati in un angolo di sole. L’azzurro intenso di un lago, l’ocra delle colline, il rosa delle mani e dei visi… l’oro della luce nei capelli sciolti, fluidi, felici. Felici, anche se la vita rimane inganno, strage, ipocrisia. Cruda ed astuta, come me, per difesa, per salvezza, per necessità. La rabbia che muoveva i miei passi è sempre stata per la vita e dentro la vita, mai contro di essa, mai lontana da essa.

L’orrore è tornato, ottuso, insistente. Parole come pugni ciechi nelle orecchie. Uno sguardo prosciugato di ogni stilla di umanità. Gli occhi spenti del ragazzo grasso che uccide il sergente aguzzino e si uccide. Quel ragazzo ero io. Ero io il sergente. O forse eri tu. Forse eri tu.

Mi hanno accusato di eccesso, di calcare i toni, di indulgere nella raffigurazione della violenza. È vero. È così. Ma era il mio modo di estirparla, di vomitarla fuori dalla mente e dallo stomaco, di mostrarla al mondo, nuda, fumante, tagliente come lama affilata in ciascuno dei sensi. Ho dovuto plasmare melma e sangue per diventare uno specchio, icona lacerata e fedele dell’uno e del tutto.

Se veramente l’avessi amata, la violenza, l’avrei cosparsa di vernici cromate, l’avrei incipriata e imbellettata, l’avrei resa ruffiana, bifronte, patinata, innocua in fondo. Ma ho voluto osservarla negli occhi, lasciare che la lama squarciasse le arterie e facesse defluire batteri putrescenti.

Ho coltivato la magia da baraccone che ho avuto in dono. La giostra della luce, il roteare dei colori, il rincorrersi dei suoni sul filo di un brivido sospeso nel vuoto. La scatola magica della macchina da presa ti consente di operare prodigi. Una lieve variazione di prospettiva trasforma una catapecchia in un palazzo, un nano in gigante, la gobba di uno sgorbio in un soffice colle e viceversa.

Ma tutto ciò ha un prezzo, richiede una contropartita. Pretende dedizione, fedeltà, rispetto. Per dare forma e respiro al miracolo si deve cercare l’immagine nitida, sincera. La sola autentica. La sola possibile. Rincorrerla finché c’è fiato e catturarla così com’è, come deve essere. Vale sempre la pena fissare un’immagine sulla pellicola. Si, vale la pena, dopotutto. Se è bella l’avrai afferrata, l’avrai strappata al nulla. Se è brutta l’avrai bloccata, avvolta in un laccio senza fine.

(Il resto del racconto su Poetarum Silva: Osservazioni postume di Stanley Kubrick http://http://poetarumsilva.com/2014/11/29/ivano-mugnaini-shining-osservazioni-postume-di-stanley-kubrick )