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Alcune lezioni sulla vita e sulla morte

Ho incontrato Narda Fattori a Sant’Arcangelo di Romagna il 22 ottobre scorso. Sapeva che le restava poco tempo eppure ha accettato di presentare il mio libro alla Biblioteca Baldini. Lo ha fatto senza mai smettere di sorridere, facendo sua la vicenda narrata, raccontandola come se la avesse vissuta in prima persona brano dopo brano. La ha tramutata in una storia nuova, fedele e libera allo stesso tempo. Poi, assieme ad Antonella Brighi ed altri amici, siamo andati a cena. Era la terza volta che le parlavo di persona. La prima era stata a Pisa, la seconda a Sogliano al Rubicone, al Premio Venanzio Reali di Bruno Bartoletti. Eppure, seduto accanto a lei, io, orso non di rado laconico, mi sentivo allo stesso tempo parente e amico, figlio e compagno di viaggio di una lunga gita, una scampagnata sui prati della vita. Narda aveva una dolcezza aliena alle sdolcinatezze. Ti guardava fissa negli occhi, dava e chiedeva verità. Pur sapendo sempre capire e in fondo amare allo stesso modo, con la stessa forza, anche l’errore, l’imperfezione.

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Narda sapeva che il mondo è storto e sbilenco ma non per questo lo disprezzava, anzi, lo amava con più volontà. Nelle sue Parole agre c’era la dolcezza di chi sa quanta fragilità ci sia nella forza e quanta forza nella fragilità.

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Narda ha cantato i suoi versi e raccontato le sue storie fino in fondo. Senza mai smettere di assaporare i versi, il vino e ogni boccone di pane, cogliendone la sacralità concreta, il legame tra le zolle e quei colori sfumati e cangianti che sono sopra e dentro di noi.

E io, seduto accanto a lei, forestiero strano, viaggiatore spaesato, mi sono sentito a casa mia.

Sempre certo della sua presenza, sempre incerto riguardo alla possibilità di ricevere da lei una carezza o uno scappellotto, semischerzoso certo, ma sempre molto schietto e robusto.

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Ho incontrato Narda Fattori tre volte in vita mia ma oggi ho perduto qualcuno che avevo vicino.

La regola si conferma: nella vita conta la qualità, non la quantità.

 

Sono certo che se Narda leggesse queste parole le correggerebbe con una penna rossa e aggiungerebbe una battuta di spirito, lieve e corposa allo stesso tempo, ad ogni frase.

Ci inviterebbe magari a leggere o rileggere un suo libro, dicendoci che siamo dei patacca, che lei è ancora qui.

Ed avrebbe ragione lei, tanto per cambiare.

Dall’insegnante Narda Fattori ho ricevuto alcune lezioni sul modo di affrontare la vita e la morte: con coraggio e lievità, senza mai smettere di essere umani, con tutto ciò che comporta, l’impegno e il gioco, la ragione e la passione.

Spero di avere recepito abbastanza e soprattutto spero di sapere applicare qualcosa di ciò che senza mai predicare, senza mai pontificare, ci ha mostrato.

Ciao Narda, alla prossima cena, su qualche nuvola dove fanno un’ottima piadina

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