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DODICESIMA EDIZIONE DEL PREMIO INTERNAZIONALE DI POESIA “GRADIVA” (2024)

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DODICESIMA EDIZIONE DEL PREMIO INTERNAZIONALE DI POESIA “GRADIVA” (2024)

a) Gradiva Publications bandisce la dodicesima edizione del Premio Internazionale di Poesia “Gradiva”. Al Premio si concorre con un libro singolo di poesia in lingua italiana, pubblicato fra gennaio 2022 – maggio 2024. Sono escluse plaquettes. Alla partecipazione sono altresì esclusi libri prefati da membri della giuria. I libri concorrenti non saranno restituiti. Non è prevista quota di partecipazione. I partecipanti possono facoltativamente sostenere, in forma di donazione spontanea e aperta, la non-profit Gradiva Publications, i cui intenti sono quelli di promuovere la poesia italiana nelle maggiori università dei Paesi anglofoni con Dipartimenti di Italianistica. *

b) Al vincitore sarà assegnato un premio di $1000 (mille dollari) e il rimborso al 50% delle spese di viaggio relative al biglietto aereo in classe economica dalla città italiana di partenza al Kennedy Airport. Case editrici o singoli autori devono spedire una copia del loro libro ENTRO IL 30 MAGGIO 2024 (farà fede il timbro postale) a ciascuno dei membri della Giuria sotto elencati con l’indicazione dell’indirizzo, telefono e email di ogni partecipante al Premio. Si prega NON spedire i libri per raccomandata. In alternativa si possono inviare i libri anche in formato PDF via email purché provvisti di copertina, anno di pubblicazione e ISBN.

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Premio GRADIVA 2023 – bando aggiornato con modifiche

Pubblico il bando del Premio GRADIVA, edizione 2023, riservato ai libri di poesia, bandito da Gradiva Publications.

La Giuria ha introdotto alcune modifiche rispetto al bando precedentemente pubblicato. Tali modifiche sono state pensate per agevolare la partecipazione.

La cerimonia di premiazione avrà luogo nel corso dell’autunno 2023 presso il Center for Italian Studies della State University di New York, con l’obbligo da parte dell’autrice o dell’autore di presenziare alla cerimonia pena il decadimento pecuniario del Premio.

Invito gli autori interessanti a leggere con attenzione il bando qui sotto riportato e a partecipare.

Per ulteriori informazioni, contattare la segreteria via email: gradivasunysb@gmail.com o visitare il sito www.gradivapublications.com .

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UNDICESIMA EDIZIONE DEL PREMIO INTERNAZIONALE DI POESIA “GRADIVA” (2023)

Gradiva Publications bandisce l’undicesima edizione del Premio Internazionale di Poesia “Gradiva”. Al Premio si concorre con un libro singolo di poesia in lingua italiana, pubblicato fra gennaio 2021 – maggio 2023. Sono escluse plaquettes e pubblicazioni digitali. Alla partecipazione sono altresì esclusi libri prefati da membri della giuria. I libri concorrenti non saranno restituiti. Non è prevista alcuna quota di partecipazione. I partecipanti possono facoltativamente sostenere, in forma di donazione spontanea e aperta, la non-profit Gradiva Publications, i cui intenti sono quelli di promuovere la poesia italiana nelle maggiori università dei Paesi anglofoni. *

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DECIMA EDIZIONE DEL PREMIO INTERNAZIONALE DI POESIA “GRADIVA” (2022)

 

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THE STATE UNIVERSITY OF NEW YORK AT STONY BROOK, LONG ISLAND

DECIMA EDIZIONE DEL PREMIO INTERNAZIONALE DI POESIA “GRADIVA” (2022)

 

Gradiva Publications bandisce la decima edizione del Premio Internazionale di Poesia “Gradiva”. Al Premio si concorre con un libro singolo di poesia in lingua italiana, pubblicato fra gennaio 2020 – aprile 2022. Sono escluse plaquettes e antologie che non contengano anche testi inediti. Alla partecipazione sono esclusi membri della Redazione della rivista «Gradiva».  I libri concorrenti non saranno restituiti. Non è prevista alcuna quota di partecipazione. I partecipanti possono facoltativamente sostenere, in forma di donazione spontanea e aperta, la non-profit Gradiva Publications, i cui intenti sono quelli di promuovere la poesia italiana nelle università dei Paesi anglofoni. *   Sito:  www.gradivapublications.com

 

Al vincitore sarà assegnato un premio di $1000 (mille dollari), il rimborso al 50% delle spese di viaggio relative unicamente al biglietto aereo in classe economica dalla città italiana di partenza al JFK  Airport, oppure in treno nel caso in cui la cerimonia di premiazione dovesse tenersi a Firenze.  Case editrici o singoli autori devono spedire una copia del loro libro ENTRO IL 30 APRILE 2022 (farà fede il timbro postale) a ciascuno dei membri della Giuria, sotto elencati, in ordine alfabetico, con l’indicazione dell’indirizzo, telefono e email di ogni partecipante al Premio.

Si prega NON spedire i libri per raccomandata.

ALESSANDRO CARRERA, Modern & Classical Languages, University of Houston, 3553 Cullen Blvd, Room 612, Houston, Texas 77204-3006, USA.

MAURIZIO CUCCHI, via De Amicis 57, 20123 Milano

LUIGI FONTANELLA, 303 Mountain Ridge Dr., Mt. Sinai, New York 11766, USA.

IRENE MARCHEGIANI, Department of European Languages, Literatures, and Cultures, Humanities Bldg.  Nicolls Rd, Stony Brook, New York 11794, USA.

ALESSANDRA PAGANARDI, Corso Lodi 37, 20135 Milano, Italia.

 

Presidente Onorario: Dr. Len Marino (senza diritto di voto a cui non va inviato il libro).

Segreteria del Premio: Irene Marchegiani :  gradivasunysb@gmail.com

Assistente editoriale: Lorenzo Abbatiello

 

La Giuria selezionerà i libri in concorso. Successive consultazioni determineranno la cinquina finalista. Un’ultima votazione determinerà il libro vincitore del Premio. La cerimonia di premiazione avrà luogo nel corso dell’autunno 2022 presso il Center for Italian Studies della State University di New York a Stony Brook, oppure a Firenze presso Palazzo Medici e sarà comunicata all’autrice/autore, con l’obbligo di presenziare alla cerimonia pena il decadimento pecuniario del Premio. Per ulteriori informazioni, contattare la segreteria via email: gradivasunysb@gmail.com  oppure il sito www.gradivapublications.com ove saranno pubblicati man mano gli esiti del Premio. La Giuria si riserva il diritto di non assegnare alcun premio, ove ritenesse non idoneo il materiale valutato, senza per questo essere oggetto di reclamo o denuncia.

 

* Per sostenere l’attività dell’editrice non-profit Gradiva Publications effettuare bonifico, come donazione spontanea, con spese bancarie a carico dell’ordinante, presso Banco BPM, Sede Firenze 1606, IBAN: IT55 T 05034 02813 000000010982, Swift: BAPPIT22, conto corrente intestato a Luigi Fontanella, che ne rende conto all’Amministrazione di Gradiva Publications.  Spedire la ricevuta scannerizzata, via email, all’indirizzo elettronico dell’editrice: gradivasunysb@gmail.com

 

 

Vincitori delle precedenti edizioni. 2013: Sauro Albisani; 2014: Maurizio Cucchi; 2015: Massimo Scrignoli; 2016: Milo De Angelis; 2017: Maria Attanasio; 2018: premio non assegnato; 2019: Alba Donati; 2020: Marco Vitale; 2021: premio non assegnato.

 

 

 

 

Raccontare la poesia

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Luigi Fontanella, Raccontare la poesia (1970-2020). Saggi, ricordi, testimonianze critiche,
Moretti & Vitali, 2021, 760 pp., € 36,10
 
Molto è già stato detto del libro di Luigi Fontanella Raccontare la poesia. Già detto e detto bene, con passione, acutezza e brillantezza. Sono arrivato in ritardo. Quindi, brechtianamente, tocca sedersi di lato. Non dalla parte del torto, nel caso specifico, ma da prospettive asimmetriche, sperando di poter mettere in luce qualche aspetto non ancora esplorato. Cercando di compensare lo svantaggio cronologico con la possibilità di basarmi su materiali interessanti, in particolare sull’intervista rilasciata dallo stesso Fontanella a Francesco Capaldo per il quotidiano “Pickline”. Utili mi saranno anche alcuni dialoghi che ho avuto di persona con l’autore nel suo studio fiorentino di Via Guelfa, zeppo di libri, di ottimo tè e di sassi di svariate forme e colori, souvenir del suo amato mare greco.
Comincerei dal titolo. In apparenza è lineare, descrittivo. In realtà mi sembra racchiudere un accostamento di mondi, un allineamento tra pianeti, quasi un ossimoro, di forma, di linguaggio, di struttura. Questo libro in fondo è un romanzo in forma di saggio sulla poesia. Di un romanzo ha la diacronicità, il coinvolgimento costante dell’autore e il suo interagire con gli altri personaggi, affini o più distanti, alleati o antagonisti in un conflitto incruento ma costante che ha come scopo primo e come meta finale l’agnizione più significativa, quella che riguarda il volto autentico dell’eroina femminile, la poesia. Il tutto giocato su un piano reso ulteriormente complesso e multiforme dalla coesistenza del piano letterario con quello esistenziale, in senso stretto e in senso lato. Ossia, in poche parole, mi sembra che questo libro non parli della poesia tout court ma della poesia nella vita, o, meglio, della poesia della vita. Quest’ultima definizione non vuole essere un abbellimento estetizzante ma piuttosto un tentativo di definire la necessità, sia della materia trattata sia del progetto che ha condotto alla compilazione e alla pubblicazione del volume.

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L’Indice dei Libri del Mese – N.6 – 2021

Sul numero di giugno de L’Indice dei Libri del Mese una mia recensione a ‘La Cosa’ di Gianluca Garrapa.

Nello stesso numero, tra l’altro, anche una recensione di Enzo Rega a Luigi Fontanella e tante altre belle cose, ossia bei libri.

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Monte Stella: incontro con la poesia

Pubblico qui la registrazione del video riguardante l’incontro tra il professor Luigi Fontanella e Beatrice Stasi, professoressa e storica della letteratura.
Il dialogo, dal titolo, MONTE STELLA: INCONTRO CON LA POESIA, trae spunto dal libro di Luigi Fontanella edito da Passigli di cui riporto in calce i dati e uno stralcio della prefazione a cura di Sebastiano Aglieco.
Il dialogo, vivace ed empatico, spazia dal libro ad altri argomenti di assoluto interesse ed attualità.
Si può seguire a questo link:

https://www.facebook.com/plugins/video.php?height=314&href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Funiversitapopolare.avallone.3%2Fvideos%2F639004007072160%2F&show_text=false&width=560 Continua la lettura di Monte Stella: incontro con la poesia

A TU PER TU – Brina Maurer

A TU PER TU

UNA RETE DI VOCI

A TU PER TU ospita oggi Claudia Manuela Turco alias Brina Maurer, poeta, romanziere e diarista, biografa e critico letterario.
Al di là delle qualifiche, sarà interessante, anche in questo caso, cogliere le peculiarità, le specifiche caratteristiche, le passioni, le lotte, le battaglie, le prese di posizioni, coraggiose, sincere, non solo in ambito letterario.
Quindi anche stavolta invito volentieri i “dedalonauti” alla lettura integrale dell’intervista da cui, in modo esplicito e tra le righe, emergono alcuni tratti intensamente rivelatori degli autori e delle loro opere, che poi sono un tutt’uno.
Buona lettura, IM

L’obiettivo della rubrica A TU PER TU, rinnovata in un quest’epoca di contagi e di necessari riadattamenti di modi, tempi e relazioni, è, appunto, quella di costruire una rete, un insieme di nodi su cui fare leva, per attraversare la sensazione di vuoto impalpabile ritrovando punti di appoggio, sostegno, dialogo e scambio. Rivolgerò ad alcune autrici ed alcuni autori, del mondo letterario e non solo, italiani e di altre nazioni, un numero limitato di domande, il più possibile dirette ed essenziali, in tutte le accezioni del termine. Le domande permetteranno a ciascuna e a ciascuno di presentare se stessi e i cardini, gli snodi del proprio modo di essere e di fare arte: il proprio lavoro e ciò che lo nutre e lo ispira. Saranno volta per volta le stesse domande. Le risposte di artisti con background differenti e diversi stili e approcci, consentiranno, tramite analogie e contrasti, di avere un quadro il più possibile ampio e vario individuando i punti di appoggio di quella rete di voci, di volti e di espressioni a cui si è fatto cenno e a cui è ispirata questa rubrica.

VOCABOLARI E ALTRI VOCABOLARI_COP

5 domande

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Brina Maurer

 

1 ) Il mio benvenuto, innanzitutto.

Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?

  • Ti ringrazio per l’invito e per l’ospitalità.

Mi chiamo Claudia Manuela Turco, ma da diversi anni ormai mi sono impossessata del nome di un personaggio da me inventato per un romanzo – Brina Maurer  -, dopo aver riflettuto a lungo su nomi di poeti, scrittori, attori, artisti e protagonisti di libri o film che mi piacevano. Adottando un nome d’arte, volevo prendere distacco dalla mia vita reale, o meglio, crearmi una seconda vita. C’erano pure problemi di omonimia, tra l’altro.

Il nome “Manuela” (senza la E iniziale) mi piaceva, ma non ero certa che fosse davvero mio. Infatti, da un certo momento in avanti sembrò che mio padre se ne fosse scordato al momento dell’iscrizione all’anagrafe. Il mio secondo nome ricomparve soltanto quando mi trasferii nel 2000 a Torino. “Claudia”, invece, non mi piaceva. Forse perché era stato scelto il nome “Claudio” nel caso fossi stata un maschio, e “Manuela”, se femmina. Alla fine, però, fu deciso che fossi “Manuela” ma soprattutto “Claudia”: nomen omen. Un nome importante nella nostra tradizione, penso alla gens Claudia, ma soprattutto alla parola “claudicante”. Scherzando, amo dire di essere “un autore Rizzoli”… essendo ortopedia una delle mie “passioni”!

La scelta del nome “Brina” è stata del tutto istintiva, soprattutto mi pareva sposarsi bene con

“Maurer”, un cognome abbastanza famigliare nella mia terra, il Friuli, e avendo sempre gradito come suona il cognome “Marler”, a un certo punto per me fu naturale ideare questo personaggio e, in un secondo momento, adottare questo pseudonimo. Inoltre, adoro la lettera erre (morde, mi ricorda il vetro che si infrange e taglia, è una lettera particolare, penso al rotacismo, alla sua importanza, per esempio, nella lingua latina… e un altro cerchio si chiude con Appio Claudio Cieco…) e “Brina Maurer” ne contiene ben tre.

Solo di recente ho scoperto che “Maurer” significa “muratore” in tedesco (proprio grazie a un tuo articolo, pubblicato sulla rivista “Il sarto di Ulm”). L’avevo sostituito al cognome “Turco” anche a causa del rapporto piuttosto conflittuale con mio padre. Ma alla fine mi sono ritrovata con un “cognome d’arte” che significa proprio quello che mio padre faceva per vivere!

Ho cercato a lungo di tenere separata la sfera creativa da quella privata e dal mio essere donna. Volevo scrivere opere che potessero far pensare a una voce maschile, come nel caso di Architetture Poesie Tridimensionali. E volevo una parola pura, pulita, che mi proteggesse dalla realtà. Per un certo periodo provai a destinare la poesia alla “bella parola” e la prosa allo squallore del mondo. Ma non funzionò a lungo.

Tra me e gli altri ho sempre avvertito la presenza di uno iato, come di una invisibile e sottile lastra di vetro. Per descrivermi brevemente, potrei usare parole di Luce d’Eramo: Io sono un’aliena.

Soltanto quando arrivò Glenn nella mia vita (un cane molto speciale), smisi di sentirmi incompresa e incompleta. Eravamo uguali e una cosa sola. Siamo la stessa anima.

Lo adottai perché aveva problemi alle anche come me. Proprio vedendo come la gente trattava lui, iniziai a sentire il dovere di espormi in prima persona. Le cattiverie che la gente diceva su di lui e davanti a lui, erano le stesse che altri avevano rivolto a me, quando ero bambina e poi ragazza e giovane donna.

Cambiai profondamente, superando almeno in parte la mia timidezza e le mie fobie e la mia naturale riservatezza, per poterlo proteggere e cercare di fare qualcosa anche per altri cani anziani e malati, per altre creature che, come lui, erano state maltrattate e abbandonate.

Non potevo più tenere separate arte e vita.

2 ) Ci puoi parlare del tuo ultimo libro (o di un tuo lavoro recente che ti sta a cuore), indicando cosa lo ha ispirato, gli intenti, le motivazioni, le aspettative, le sensazioni?

Cita, eventualmente, qualche brano di critica che ha colto l’essenza del tuo libro e del tuo lavoro più in generale.

Particolarmente gradita sarebbe, inoltre, una tua breve nota personale sul libro (o sull’iniziativa artistica).

Qualche riga in cui ci parli del tuo rapporto più intimo con questa tua opera recente.

  • L’ultimo libro che ho pubblicato – Vocabolari e altri vocabolari (Macabor, giugno 2020) – è di poesia ed è stato protagonista del primo blog tour dell’editore. Inoltre, l’opera ha avuto la fortuna di venire subito letta dal noto poeta e critico letterario Bonifacio Vincenzi e da Lucia Gaddo Zanovello, raffinata poetessa che ne ha curato la prefazione.

Ho scritto Vocabolari e altri vocabolari (Colori e altri colori di Fabrizio Dall’Aglio, Passigli 2014, è all’origine del titolo) in aprile, una poesia al giorno, sotto la pressione dell’emergenza Covid. In realtà, provavo un profondo malessere da tempo, anche se non riuscivo a metterlo a fuoco. Solo appena finito il libro, me ne sono resa conto, perché sono stata colpita da un grave lutto. Una violenta scarica elettrica del tutto inattesa, proprio come scritto nella prima poesia.

A posteriori ho compreso di essermi aggrappata alla scrittura, per continuare a strappare alla vita tutto quello che potevo. I Vocabolari sono una specie di eredità che mi è stata lasciata. Non ho voluto vedere la vita che si stava spegnendo gradatamente, sperando ci fosse ancora tempo. Anche dieci anni fa fu la scrittura ad aiutarmi a superare le fasi più critiche di un lutto. Allora fu il romanzo contaminato con la diaristica a indicarmi la strada per ritrovare quanto perduto, seppur in una nuova dimensione. Quando sento dire “finché morte non vi separi”, mi sanguinano le orecchie… Io scrivo soprattutto “perché morte non ci separi”. Ma ovviamente l’opera poi vive di vita propria.

Vocabolari e altri vocabolari è scaturito dalla convergenza di un’infinità di elementi sedimentatisi nel tempo. I diari di Glenn e Mughetto (i cani Lord Glenn e Mr. Mughy, protagonisti di molte mie opere), tenuti dal 2007 al 2020, e quanto vissuto con loro, sono stati fondamentali.

Nelle mie opere spesso il cane è centrale, però il discorso riguarda tutti gli esseri viventi; individuo costantemente corrispondenze tra ciò che fa l’uomo e ciò che fanno gli animali. L’umanità degli animali e l’animalità dell’uomo sono due facce della stessa medaglia, per me. I Vocabolari appartengono alla medesima temperie che mi ha portato a concepire Neraneve e i sette cani (Italic, 2018, prefazione di Luigi Fontanella) – poema che, in un certo senso, riassume tutto quello che ho scritto e tutto quello che potrei scrivere – e L’innocenza usurpata, libro di cui è prevista l’uscita nel 2021, ma che è stato scritto dopo Neraneve e prima dei Vocabolari. Almeno nella mia mente, queste tre opere compongono una specie di Trilogia. Per i Vocabolari ho lavorato molto sulla lingua e sulle fiabe: Il soldatino di stagno, Cenerentola, Il gatto con gli stivali, Scarpette rosse, La bella addormentata nel bosco, La piccola fiammiferaia, La Sirenetta… E ci sono tanti riferimenti a poeti e artisti come Leopardi, Pascoli, Shakespeare, l’architetto Adolf Loos, Luce d’Eramo, Magritte…

Il taglio dato al discorso complessivo ha richiesto brevità (c’è tanta “filosofia” e comunque le singole liriche non sono corte): se avessi aggiunto altre poesie, tale discorso sarebbe divenuto troppo intenso e “doloroso”.

Le pagine di Vocabolari e altri vocabolari invitano a un’accurata riflessione sul linguaggio, in difesa dei più deboli e contro ogni forma di violenza. L’attenzione viene focalizzata costantemente sulle vittime.

Emergono da un lato i meriti delle creature più generose e sensibili, dall’altro le pesanti responsabilità dell’essere umano, mentre brandelli di realtà e di notizie di cronaca si mescolano ad atmosfere fiabesche.

Diversi critici e giornalisti si sono validamente occupati di questa silloge quasi poema, anche in forma di intervista. Tra gli altri, Emanuele Bellato, Alessandro Fo, Alessia Mocci, Paolo Ruffilli, Antonio Spagnuolo, Ilaria Mattiussi.

Sicuramente il tuo articolo “Il cane, l’essere più poetico di questo mondo” contiene lo studio più approfondito, poiché hai avuto modo di porre in relazione i Vocabolari con altri miei libri, sia di narrativa che di poesia. Se ne ricava un’impressione di una conoscenza diretta e profonda dell’autore, il che mi ha molto sorpreso, perché noi non ci siamo mai incontrati e parlati di persona (nemmeno al telefono), ci siamo soltanto intravisti una volta da lontano in occasione di una premiazione.

Alessandro Fo, con il quale non avevo mai avuto contatti prima di avergli inviato i Vocabolari, accostando il mio vivere appartato a parole di Seneca, ha pure colto nel segno: “in hoc me recondidi et fores clusi, ut prodesse pluribus possem: posterorum negotium ago” (“per questo mi sono rifugiato in me stesso e ho chiuso ogni porta: per poter essere di giovamento a molti; è del bene dei posteri che mi occupo”).

Emanuele Bellato ha definito “civile” la mia poesia e, accennando a Pasolini, mi ha fatto ricordare come a volte sia possibile raggiungere certi traguardi percorrendo vie ben diverse. Infatti, ho cercato a lungo una poesia estetizzante e non “civile”, per difendermi dai traumi (per es. non posso guardare le opere cinematografiche di Pasolini, perché mi risvegliano ricordi difficilmente sopportabili), ma poi, grazie ai cani e per loro, sono riuscita a conciliare le due componenti, l’estetizzante e la “civile”.

Lavoro molto sui “luoghi comuni”, non sopporto le generalizzazioni. Di recente Cristiana Vettori ha scritto una nota davvero efficace su Neraneve e i sette cani, riassumendo bene la mia poetica, accennando al superamento degli stereotipi di genere.

3 ) Fai parte degli autori cosiddetti “puristi”, coloro che scrivono solo poesia o solo prosa, o ti dedichi a entrambe?

In caso affermativo, come interagiscono in te queste due differenti forme espressive?

  • Sono (un) poeta (non amo definirmi “poetessa”, né “una poeta”), biografa, critico letterario, romanziere, diarista. Tutto quello che scrivo sfuma nella poesia.

Non sento molto mia la dimensione del racconto; infatti, le Architetture in origine erano racconti, poi sono divenute un poema. Comunque, “Bambini di serie B”, posto come introduzione al romanzo Glenn amatissimo, si presenta come un racconto.

La scelta tra prosa e poesia avviene in modo piuttosto istintivo, è la materia stessa che richiede una certa forma e di solito è un azzardo, perché ho in mente soltanto un titolo e un’infinità di dettagli e argomenti che non so se riusciranno a stare davvero insieme. Il rischio è che o tutto si incastri bene con il resto o che sia tutto da buttare.

La dimensione del poema ora mi pare quella a me più congeniale (e per motivi non soltanto letterari), una buona soluzione tra prosa (o romanzo breve) e poesia.

Concepisco la musicalità come ritmo derivante da un equilibrio geometrico, architettonico, non da processi auditivi. L’aspetto visivo e visionario è, per me, prioritario.

Non amo ingabbiare in una tessitura metrica (sebbene gli insegnamenti di Raffaele Spongano mi abbiano a lungo fatto riflettere) i miei versi, anche se non escludo la possibilità di infrangere non solo le regole della tradizione, ma anche quelle che mi sono data personalmente (per es., per le Architetture la struttura portante è composta da tre distici per frammento, per sottolineare la tridimensionalità costruttiva).

Ai tempi dell’università riuscii a imparare la lettura metrica della poesia latina soltanto dopo averla ricondotta al mio modo di ragionare “per immagini” e calcoli. Invece gli altri compagni di studi tranquillamente procedevano “a orecchio”, senza chiedersi il perché. Sono stonata e probabilmente l’udito è il mio senso più scarso, anche se ho gusti precisi, che mi inducono a scegliere con decisione possibili abbinamenti sonori o meno.

Comunque, non seguo una teoria consolidata. È vero che preferisco i colori e le forme ai suoni e agli odori, tuttavia credo che, per un poeta o per uno scrittore, uno degli strumenti più affascinanti a disposizione siano le sinestesie. E allora mi ritorna in mente Pascoli, attraverso gli studi di Clemente Mazzotta, il quale mi ha trasmesso anche la passione per Alfieri.

4 ) Quale rapporto hai con gli altri autori? Prediligi un percorso “individuale” oppure gli scambi ti sono utili anche come stimolo per la tua attività artistica personale?

Hai dei punti di riferimento, sia tra i gli autori classici che tra quelli contemporanei?

  • Alle elementari, quando mi fu assegnato il primo libro da leggere, non ci potevo credere che si dovesse frammentare la lettura nell’arco di giorni, settimane o addirittura mesi: avrei voluto poter leggere qualsiasi libro in una sola giornata! Alle medie e alle superiori mi sentivo molto vicina a Leopardi, perché detestavo il mio “natio borgo selvaggio”. Quando poi scoprii Alfieri, ai tempi dell’università grazie al filologo Clemente Mazzotta, mi si spalancò un mondo del tutto inatteso e in sintonia con i miei ideali. Avevo incontrato finalmente un poeta in grado di farmi sognare! Non a caso Domenico Cara, accennando agli influssi di Alfieri nella mia opera, ha scritto di una fascinazione probabilmente non soltanto letteraria. A lungo ho scritto combattuta tra due fuochi: Alfieri (“il mio Vittorio ha le labbra verdi”) e Lord Byron (divenuto importantissimo con l’arrivo di Glenn nella mia vita).

Se scrivere è parlare, leggere è ascoltare. Di persona raramente incontro qualche altro scrittore. Amo inserire citazioni nei miei libri, rendere omaggio ad altri autori, ma di solito le scelgo a posteriori, non sono fonte di ispirazione, bensì punto di convergenza. Spesso preferisco poeti e scrittori di cui mi colpisce qualche aspetto del loro carattere o della loro biografia, anche se non va confusa l’opera con il vissuto di chi l’ha concepita.

Sento Byron con la sua zoppia (nel mio lavoro ho spesso sovrapposto la sua immagine a quella di Lord Glenn) e Luce d’Eramo con le sue vicende biografiche (anche lei fu ricoverata all’Istituto Rizzoli), e autrice di Partiranno, a me particolarmente vicini.

Degli autori che non ci sono più (ma, in realtà, in una certa misura il discorso vale pure per i viventi), preferisco non cercare di leggere (quasi) tutto, perché così ho la possibilità, nel tempo, di scoprire ancora qualcosa di nuovo.

Le voci care sono davvero tante. Leggo opere di classici e contemporanei, italiani e stranieri, capolavori famosi e scritti minori o di autori quasi sconosciuti, opere pubblicate da “grandi editori” come dall’editoria superficialmente definita “a pagamento”. Soprattutto sono vittima di Internet e divoro brandelli di tutto quello che mi capita. E rileggo a volte ossessivamente.

Per nutrire la mia anima, per trovare ispirazione, serve altrettanto il contributo di pittori, scultori, architetti ecc. Le mie letture via via sono diventate sempre più imprevedibili, legate alle occasioni più diverse, avendo, tra l’altro, collaborato, nell’arco di circa quindici anni, con una casa editrice.

Grazie a Margherita Azzi Visentini, a suo tempo, imparai ad apprezzare Alexander Pope, importante per la Storia dei Giardini, e, grazie a Guido Zucconi, Adolf Loos (a proposito di “Maurer”… “L’architetto è un muratore che ha studiato il latino”, sua celebre affermazione, e Parole nel vuoto e Ornamento e delitto vengono da me citati non di rado).

Per quanto concerne i poeti e scrittori del nostro tempo con i quali ho avuto modo di entrare in contatto, prima è venuto l’interesse per l’opera – mia o loro – e poi la conoscenza diretta o indiretta della persona. Così ho conosciuto anche mio marito. Di solito si tratta di poeti o scrittori particolarmente amanti degli animali, ovvero di tutti gli esseri viventi, e capaci di costante autocritica. Ancora mi emoziono ed entusiasmo, incredula, come un’adolescente con i suoi idoli, ricevendo quotidianamente e-mail, lettere cartacee, libri, riviste, telefonate da alcune tra le voci più significative del mio tempo!

Da alcuni anni ho trovato il coraggio di interrompere la lettura per non riprenderla più, se l’autore non riesce a farmi “divertire”, allontanare da un solco precostituito. Mi annoiano sia il cerebralismo che il sentimentalismo variamente ostentati. Ritengo che nella vita nulla sia banale, tuttavia come si guarda è determinante.

Alcuni poeti non lo sanno, ma hanno contribuito in modo significativo a non farmi abbandonare definitivamente la scrittura (scrivere, in me, ha sempre generato amore-odio, perché non mi ha consentito l’indipendenza economica).

Rappresentano un grande sogno divenuto realtà, la mia opera Architectures Three-dimensional Poems accolta nella Collana diretta da Luigi Fontanella, dopo essere rimasta per molti anni nel cassetto, e l’Introduzione a Neraneve e i sette cani, che lo stesso Luigi Fontanella ha curato. Mi cattura, una dolce malinconia, ripensando ad alcuni suoi libri. Il suo Monte Stella (Passigli, 2020) mi rammenta “Le cinque punte”, la montagna a me più cara. E grazie a Luigi Fontanella e al suo libro Il dio di New York (Passigli, 2017), ho potuto scoprire la poesia e l’infelice biografia di Pascal D’Angelo.

Un altro sogno realizzato è la nota di lettura che Alessandro Fo ha dedicato a Vocabolari e altri vocabolari. Egli è uno dei pochi poeti capaci di farmi ridere o sorridere anche mentre sento ancora l’amaro in bocca o una fitta in pieno petto. Grazie a lui ora compare Pierluigi Cappello tra le mie prossime letture. L’aver letto poesie in friulano di Cappello molti anni fa, mi aveva un po’ tolto la curiosità di avvicinarmi ad altre sue opere, perché mi ricordava troppo un mondo dal quale ho spesso cercato di allontanarmi.

In particolare, a essere del tutto sincera, mi sento piuttosto distante dalla maggior parte degli altri poeti, perché non concepisco l’infanzia come una “età dell’oro” individuale, anche se a volte è capitato che vi abbia fatto riferimento.

Non potrei scrivere se non introducessi anche elementi a me estranei nelle mie opere. La fantasia deve fondersi con il vissuto, eppure le biografie rimangono la mia passione.

La vita di ogni essere vivente è una miniera incredibile e può risultare interessantissima, se solo vengono poste le domande giuste.

Mi interessano molto le opere altrui, ma anche le vite dei loro autori.

Mi fanno sentire meno sola.

5 ) L’epidemia di Covid19 ha modificato abitudini, comportamenti e interazioni a livello globale.

Quali effetti ha avuto sul tuo modo di vivere, di pensare e di creare?

Ha limitato la tua produzione artistica o ha generato nuove forme espressive?

  • Anche se non ci fosse stata l’epidemia di Covid-19, credo che i tempi per la stesura (definitiva) di Vocabolari e altri vocabolari fossero ormai maturi. Di certo, invece, è stato decisivo, per riuscire a trovare una tale concentrazione, l’aver dovuto rimandare la pubblicazione de L’innocenza usurpata.

Conduco da sempre vita appartata, quindi non è cambiato molto nella mia quotidianità, e ho sempre avuto molte fobie. Mi mancano terribilmente, però, le mie montagne e il mio mare, e l’illusione di avere un po’ di libertà. Inoltre, io che amavo pianificare e ripianificare qualunque cosa in continuazione, ora più che mai mi trovo costretta ad affrontare un giorno alla volta.

Percepisco qualunque tragedia collettiva come una somma di tragedie individuali.

Non credo si possa veramente affermare che non si dovrebbero più scrivere poesie dopo certe sconfitte dell’umanità.

Proprio quando i tempi sono più bui, dovremmo cercare di costruire qualcosa di bello da mettere sull’altro piatto della bilancia.

Grazie infinite a te, per l’occasione di riflessione e condivisione, e ai lettori di Dedalus!

poesia e prefazione

da

Vocabolari e altri vocabolari

 

Ogni parola, un cassetto nel ventre,

un piano di grattacielo,

una grotta nascosta,

un brillare di stelle al centro dell’inferno.

Una popolazione di lettere e sillabe democratiche,

una raccolta differenziata di pesi netti e tare.

Tu chiami amore qualcosa

che non ammette inclusione impura

nel cristallo del dire,

né il peso lordo nel gioco combinatorio.

Nel mio mondo, invece, la tua è indifferenza,

e l’odio non è nuocere, bensì non collaborare

e non aiutare a fare del male

a chi non ha spine per potersi difendere.

La sofferenza è uguale per tutti,

ma c’è chi è più uguale di altri.

Hanno strappato l’anima alla parola animale,

coloro che non amano nemmeno l’uomo.

Il bambino istintivamente adora gli animali

e, per essere rispettato,

esige che loro vengano protetti.

Qui me amat, amet et canem meum.

Parole nel vuoto:

Ornamento del dire diventa delitto,

nel vuoto di-s-senso.

Virgolette e corsivi,

per battute di dialogo e pensieri del cane protagonista,

non vengono accettati dall’editore,

poco avvezzo allo studio delle lingue straniere.

Ma l’autore sa se l’espressione sul viso di pelo

significa “mi sento così e lo tengo per me”

oppure “mi sento così e te lo dico!”!

Dubbi assalgono anche i controllori della lingua,

che devono spesso arrendersi al furor di popolo

e ai numeri dei motori di ricerca:

occorrenze di forme più o meno (s)corrette

(repetita iuvant…),

per portare nuova linfa nelle pagine

di enciclopedie e Vocabolari,

insicuri nel vestito del proprio scrivere,

dubitando addirittura dell’ausiliare giusto,

insidiati dall’ipercorrettismo.

Esistono corrispondenze

l’equivalente della parola,

l’equivalente dell’uomo –

ma il linguaggio equivalente non viene ap-prezzato:

non è farmaco di marca,

non è cane o gatto di razza.

Il lignaggio del linguaggio,

contrapposto alla ricchezza del meticciato.

E le inversioni inattese:

la religione come scienza,

la scienza come religione,

la preghiera che offende come bestemmia,

la bestemmia che vuol essere preghiera,

la folle o profetica allucinazione.

Voglio una parola

che sia violenta scarica elettrica,

pensiero per immagini,

taglio che chiude la pagina.

Non il sottovoce che non ha funzionato.

Voglio un intonaco arrotolabile,

spolverato di cipria di marmo di Carrara

e travertino romano,

per coprire queste pareti di un nuovo inizio,

perché l’errore non ricompaia.

PREFAZIONE DI LUCIA GADDO ZANOVELLO

“Voglio una parola / che sia violenta scarica elettrica, / pensiero per immagini, / taglio che chiude la pagina. / Non il sottovoce che non ha funzionato.”

Brina Maurer, qui autrice di un libro scritto nella lingua di cui si avvale chi parola non ha, denuncia con la forza aggiuntiva e unica della poesia l’inganno secondo il quale fin da piccoli ci viene fatto credere che gli animali delle altre specie sono esseri inferiori, che non meritano o non necessitano di molta considerazione, dimenticando la loro provata straordinaria sensibilità, il dolore e le emozioni che essi pure sperimentano.

Gli umani si comportano in modi diversi con gli animali, ma alcuni di loro non li rispettano e molti ancora purtroppo non si preoccupano minimamente di come vengano trattati, nemmeno quando vengono torturati. Sebbene sia considerato lodevole prestare aiuto agli umani bisognosi, quando un essere non umano avrebbe bisogno di essere soccorso viene spesso abbandonato al suo destino, e anche questa è una forma di discriminazione specista, dato che tutti gli animali hanno necessità e diritto a non essere penalizzati, sfruttati od offesi.

Negli ultimi decenni, fortunatamente, evento rivoluzionario quanto tardivo, nell’umanità va facendosi strada la consapevolezza, per qualcuno incresciosa, di essere parte non soltanto della natura, quanto soprattutto della compagine degli organismi animali, a volte persino senza variazioni di grado e di valore, comprendendo finalmente che siamo interconnessi nel profondo con la natura e con gli altri esseri viventi, che dobbiamo custodire la complessità della vita per salvare la nostra stessa esistenza sul pianeta.

Non più dunque la morale dell’uomo sovrano del mondo, ma una legge universale che ci veda parti integrate in un tutto, senza limiti di spazio e di tempo.

Vi è poi la necessità urgente, e questo ‘Vocabolario’ diviene raro e prezioso strumento a tal fine, di coltivare nell’uomo la propensione all’empatia fin dalla più tenera età, solo così si potrà aprire la strada alla giustizia, capacità di chi, sospeso il giudizio negativo della diversità, sentendosi in armonia con l’intero universo, sarà in grado di abbracciarlo totalmente, specchiandosi in esso, allora il paradiso da cui l’uomo si è dolorosamente allontanato potrà tornare sulla terra.

Verità e certezze che chiaramente legge e impara chi ha guardato a lungo negli occhi di un cane, comprendendo e assimilandone la lingua purissima, tenera e innocente.

Lucia Gaddo Zanovello

brina maurer « DEDALUS: corsi, testi e contesti di volo letterario

Brina Maurer è nata a Codroipo (Udine) il 15 dicembre 1970. Laureata in Lettere e Filosofia (Conservazione dei Beni Culturali) con lode, è stata pubblicista ed è poeta, romanziere, diarista, biografa e critico letterario. Presente nell’antologia on line Italian Poetry, ha scritto 25 libri e più di 200 articoli. Con il “Ciclo di Glenn” (oltre 1600 pagine di narrativa dedicate alla disabilità nel mondo animale) ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti nell’ambito del Premio “Franz Kafka Italia®”. Ha dedicato una Collezione di oltre quaranta diari al cagnolino Mughetto (più di 4500 pagine manoscritte). Sue poesie sono state tradotte in inglese americano e greco moderno. Ha ricevuto circa un centinaio di riconoscimenti nell’ambito dei premi letterari.

“Monte Stella”: il cronometro, la clessidra e il magnetofono

Monte Stella (poesie 2014-2019) - Luigi Fontanella - Libro - Passigli -  Passigli poesia | IBS
Monte Stella: Variazioni sul tema del tempo e della realtà
in Luigi Fontanella
Il riferimento alle variazioni sul tema richiama immediatamente la musica. Un mio professore del liceo sosteneva che la musica è matematica. Un altro sosteneva che è illogica astrazione. Entrambe le affermazioni sono vere ed entrambe sono false. È qui che subentra la poesia. La sola in grado di accogliere in sé il vero e il falso, la realtà è ciò che va oltre, sopra, sotto, nei meandri, nelle vene sotterranee, al di là del confine e del limite.
Il recente libro di Luigi Fontanella, Monte Stella, parla di moltissime cose. Spazia, racconta, immagina, disegna e compone. Ma soprattutto gioca, con “orrore” ma anche con il gusto di addentrarsi dentro un dedalo di “cose buffe”, con il Tempo, operaio, capomastro e inesorabile padrone della palazzina eternamente in affitto e perennemente in costruzione che è la Vita.
Per parlare adeguatamente di un libro ricco e complesso come Monte Stella bisognerebbe essere amici del principale e possedere moltissimo del suo materiale da costruzione. Qui ed ora, in questo spazio telematico, ciò non è possibile. Ma abbiamo comunque a disposizione un modo semplice e bello per fregare il “capoccia”: comprare il libro e leggerlo, con la dovuta calma e la dovuta attenzione che si riservano a parole che sono il frutto di anni di scrittura, di ricordi e di vita vissuta.
Hic et nunc, possiamo esplorare, come in un immaginario volo di aliante, il Monte eponimo.
In primis, qualche chiarimento sul titolo, in apparenza sibillino, di questo articolo. Conosco Luigi Fontanella da alcuni anni e ogni tanto mi reco nella sua casa fiorentina per fare una chiacchierata di aggiornamento. Sarebbe elegante e assez maudit dire che beviamo litri di Chianti, invece spesso ci gustiamo ottima acqua, oppure, visto che arrivo sempre nel pomeriggio, un tè. Poco british, ma sempre tè. Durante le nostre chiacchierate parliamo non solo di idee astratte ma anche dei modi concreti, dell’aspetto “pratico” dello scrivere, che poi, a ben pensare, influisce molto sulla forma e sui contenuti. Fontanella mi ha rivelato che spesso scrive di notte, nel dormiveglia, e che per poter annotare rapidamente le idee utilizza un magnetofono. Ecco, credo che in questo oggetto, a metà strada tra modernità e tradizione, passione e riflessione, immediatezza e ragionamento rielaborato come materia onirica plasmabile, ci sia molto della poetica di Fontanella in generale e del libro di cui ci occupiamo ora in modo più specifico.
Faccio riferimento ad un’intervista rilasciata da Fontanella a Rodolfo Di Biasio per il magazine “America Oggi”. Nella risposta alla domanda iniziale, Fontanella cita il suo libro d’esordio, La verifica incerta, pubblicato nel 1972. La sua reazione al pensiero del lasso di tempo trascorso da quella prima pubblicazione è «stupore misto a incredulità e orrore». Entrano in scena, qui, gli altri due “oggetti” del titolo: il cronometro e la clessidra. Il primo è lo strumento atto ad un’inesorabile, scientifica misurazione. Un modo asettico di calcolare lo scorrere dei secondi che diventano meccanicamente anni e poi decenni. La clessidra invece è un marchingegno più semplice e più complesso, in ugual misura: è un concetto più che un oggetto. È talmente lento da concedere di inserire, assieme alla sabbia che scorre, anche il sapore del mare che si è vissuto, dei campi della gioventù, delle regole, delle trasgressioni, dei volti amati e odiati, delle persone affini e quelle da cui ci si è allontanati. La clessidra è un simbolo. Forse è la poesia: una misurazione volutamente, necessariamente umanizzata. L’opposto della precisione. È un tempo che, pur restando spietatamente “palazzinaro” e “usuraio”, si può rendere, tramite il gioco e il trucco delle metonimie, quasi umano, sostenibile, cantabile. Il quarto oggetto, non citato esplicitamente ma sempre presente, è un metronomo: la musica è un modo di muoversi nel tempo in modo più armonico, meno robotico. I riferimenti alla musica, diretti e indiretti, allusi o dichiarati come abbracci, sono numerosi e significativi. Si veda in particolare l’ultimo componimento del libro, “Il movimento dei rami” che Fontanella introduce in questo modo: «nato esattamente da alcune suggestioni derivate dall’ascolto di una composizione al pianoforte di Ezio Bosso: un musicista che ho scoperto sette anni fa. La sua immatura, recente scomparsa mi ha profondissimamente addolorato».
Su questo terreno ha luogo lo scontro, la battaglia decisiva: preso atto del lutto e del processo dell’invecchiamento (un’azione costante di aggressione a ciò che abbiamo di bello e di caro) resta da impostare una strategia, necessariamente autonoma e individuale, di difesa. Non è un caso forse che sulla copertina del libro campeggino, come uno stemma, versi essenziali: «Qui si celebra il canto del distacco. / Una porta sui campi. / La gabbia vuota. / Il richiamo di capelli e sorrisi / da un balcone all’altro / Siamo / solo bambini, conchiglie / dimenticate al vento».
Prima di tutto la celebrazione, la ritualità. Volere e sapere dare sostanza di emozione, nell’attimo e nel ricordo, ad ogni accadimento, anche quelli in apparenza minimi, conferendo loro una laica, sentitissima sacralità, è la prima barriera contro l’avanzare dell’oblio. Poi quell’esclamazione, lieve e possente, “siamo solo bambini”. Genera innanzitutto una ciclicità, un continuum tra infanzia e senescenza. E si sa, il cerchio non ha spazi vuoti, non consente al nemico di insinuarsi all’interno senza essere contrastato. C’è, inoltre, il richiamo all’aspetto ludico, del vivere e dello scrivere. È il contrario della sciatta approssimazione, questo va chiarito. Si tratta, al contrario, di quella deliberata volontà-necessita di guardare il lato oscuro della luna, l’umorismo pirandelliano, la salvifica autoironia di Svevo (che Fontanella ha studiato e assimilato a lungo e con cura), oppure la verve dissacrante dei surrealisti, a partire dall’amatissimo Breton, fino a raggiungere uno ad uno tutti i modelli e i compagni di viaggio ideali, Bontempelli, Artaud, Pessoa, Aleixandre, Landolfi, Rilke, Delfini, Campana, Corazzini, Calogero, Gatto, Savinio, Anna Maria Ortese e molti altri che non elenco ma che chi legge il libro ritroverà, nitidamente. Autori diversi tra loro eppure con un filo rosso che lo stesso Fontanella identifica nella loro ispirazione visionaria sostenuta però da esperienze forti e laceranti, di vita vissuta.
La vita vissuta contrapposta alla dimensione onirica. Anzi no, non contrapposta, semmai affiancata, sovrapposta, in un intreccio astratto e tuttavia carnale. La poesia recente di Fontanella è contraddistinta da questo fare bilanci “in fieri”. Già ne L’adolescenza e la notte l’autore ripercorre le strade dei ricordi e li conduce di fronte al presente consentendo loro di incontrarsi, guardandosi negli occhi.
Quella che nel libro precedente era una contrapposizione dialogica, un contrasto, qui, in Monte Stella «diventa un polittico che si articola attraverso cinque sezioni». Il termine “polittico” richiama la pittura, ma potremmo aggiungere ancora un riferimento alla musica definendo le composizioni di Monte Stella “polifoniche”, tra «intrecci fra il presente, il passato e qualche proiezione del futuro; una sorta di andirivieni del pensiero che rivisita alcuni luoghi del salernitano, del nostro Mezzogiorno, di Roma, di New York e della Provenza, ma anche con riferimenti a personaggi della mia famiglia o ad alcuni compagni della mia giovinezza, fino all’esperienza assiale della paternità e, per riflesso, quella relativa ai miei Lari».
Una caratteristica fondamentale di Monte Stella è la scelta di non chiudere, di non prospettare neppure per un istante, pur nella cognizione del tempo e del dolore, una linea orizzontale che ponga termine alla sequenza delle cose e degli eventi, dei sensi e dei sentimenti.
Fontanella è consapevole di ogni strappo, di ogni ferita, al giusto, al bello, all’essenza stessa dell’umanità. Ma il suo pessimismo è fronteggiato sempre, e regolarmente sconfitto, o almeno placato, mutato di volto e di segno, da una vitalità, nel senso stretto e metaforico del termine, che non si esaurisce e non si placa. Molte sono le poesie del libro che confermano questa tendenza. Un esempio, lineare e forte, è quello della lirica di pagina 74 dedicata alla figlia Emma: «Una sola certezza, una piccola figlia / ora già donna». Con un finale mirabile nella sua immediatezza: “Non scordarti mai che tu mi sei figlia». Per creare il cerchio di cui si è detto, quello che contrasta il tempo e la morte, non servono materiali complessi, servono materiali saldi. E il verso citato ne è un valido esempio.
Sono le radici ed i rami, e la possibilità di essere allo stesso tempo gli uni e gli altri, a combattere la tentazione della resa. Oltre ai Lari, e oltre ai figli, ci sono i luoghi, quelli reali e quelli mitici, e anche in questo caso confonderli, nella mente e nel cuore, contribuisce a rinforzare la barriera difensiva.
Monte Stella è un libro di memorie, un diario di viaggio, ma anche, in fondo, un autoritratto. Il ritratto di una “verde senescenza” ma anche quello di un pessimista tenacemente appassionato e saldamente avvinto alla vita. Un poeta che registra con il magnetofono versi onirici che sono assolutamente reali e ricordi reali che sono assolutamente onirici. In una raccolta di poesie che parla di distacco ma che ancora ricerca «il Senso, se senso esiste, che regola la vita». E, a dispetto di tutto, spera e crede che la poesia «possa giocare un ruolo di miglioramento etico-sociale della nostra esistenza, minata continuamente da sciagure, ingiustizie, soprusi».
Questo libro ci conferma che, anche se siamo conchiglie dimenticate nel vento, possiamo «aspettare un’alba – come sempre». Ci dice, anzi ci racconta, del «vento che non smette di / soffiarti sulla faccia», ma anche di quella parte insondabile, magica, che vale comunque la pena di annotare, ascoltare e rivivere: quel «bambino che dorme / disegnando nell’aria il suo nudo / mistero».

Ivano Mugnaini

Monte Stella": raccolta di poesie di Luigi Fontanella

LA LINEA DEI PASSI

La linea dei passi - copertina

Enzo Rega, LA LINEA DEI PASSI,

Prose sulle città e il viaggio,

Edizioni Helicon, Arezzo, 2020, pp. 180, € 14,00
Tra il frammento e l’insieme; l’impressione è che Rega prediliga questa seconda componente, l’unitarietà, la sincronicità. Non è casuale la scelta del bel titolo del suo libro, La linea dei passi, pubblicato da Edizioni Helicon.
Il passo è l’espressione di un singolo percorso, spesso “sincopato”, dettato da elementi esterni, le caratteristiche del tempo, del terreno, del clima. Ma la linea riassume in sé i singoli passi e dona loro un orientamento e allo stesso tempo una ricerca di parallelismi e convergenze, sia con il tempo individuale che con quello collettivo. Lo sguardo di Rega è spesso, e con sincera autenticità, rivolto al sociale, a ciò che va oltre estemporanei egoismi. Perfino in questo libro la cui tematica, il resoconto dei suoi viaggi, avrebbe potuto condurlo ad una visione autoreferenziale, ha preferito, per istinto e per scelta, tracciare una retta, un insieme di punti che hanno reso unitaria e coesa la sua visione del mondo. Una Weltanschauung basata su dati esteriori e concreti, visti, percepiti e mandati a memoria, ma in uguale misura mentale ed estetica, fatta anche di parole, di arte, di filosofia, di tutto ciò che contribuisce ad estendere e a rendere più compiuta la visione e la percezione.
          Tra le numerose epigrafi poste in apertura dei vari capitoli, quella tratta da Lento ritorno a casa di Peter Handke è utile e in qualche modo emblematica a tale riguardo: “Quel che ho sempre pensato tra me è niente; io sono soltanto quel che m’è riuscito di dirvi”. Lo sguardo è parola. Ossia, la pienezza della percezione è un atto che si compie appieno nell’istante in cui trova forma e misura. Il vero viaggio, sembra dirci Rega, avviene quando l’emozione trova una dimensione estrinsecabile, manifestabile. Ciò mette in connessione anche il luogo fisico esterno e l’interiorità, l’io e l’altro. Il viaggio è un atto di condivisione e di generosità, nei modi e negli intenti di Rega: un modo per avvicinare nel senso più ampio del termine, alla ricerca di radici comuni, all’insegna di ciò che lega gli esseri umani a qualunque latitudine.
          La parola, è giusto ribadirlo, è la chiave e il passaporto, il biglietto d’andata e quello del lento, ma più denso, ritorno. Molti dei riferimenti agli autori di riferimento di Rega si trovano nella ricca e partecipata nota critica di Luigi Fontanella pubblicata lo scorso febbraio nel magazine America Oggi. La riporto qui in calce, come preziosa fonte di informazioni sul libro. Riporto anche una breve ma significativa nota dell’autore, in cui ci vengono forniti alcune notizie e dati che ci aiutano a collocare, dal punto di vista cronologico e non solo, il libro.
          La rubrica “Segnalazioni” intende proporre libri interessanti, generando auspicabilmente curiosità, interesse, voglia di approfondire il discorso tramite la lettura diretta.
          Del libro di Enzo Rega aggiungo una considerazione sullo stile, o meglio sull’approccio. Rega è anche critico, studioso di letteratura, cinema ed altre espressioni artistiche. In questo suo libro tuttavia ha deliberatamente scelto un atteggiamento informale. Le pagine scorrono, piene, sempre interessanti, ma il passo è fluido e lieve. Attraverso ciò che ha visto e che, adesso, come osserva Fontanella, “enarra”, Rega parla di ciò che ha percepito, le assonanze, visive e letterarie, i rimandi, gli echi interiori. Coerentemente con il suo carattere e la sua personale filosofia, Rega ha preferito in questo suo “giornale di bordo” un’espressione sobria, lineare, facendo ancora riferimento al titolo. Ha parlato del mondo e della vita senza tralasciare niente dei dettagli e delle prospettive, ma a passo lento, di modo che ciascun compagno di viaggio possa seguire e cogliere ogni angolo ed ogni sillaba. “La pagina ha il suo bene solo quando la volti e c’è la vita dietro”. In questo libro si applica con passione questo motto di Italo Calvino. E, con altrettanta coerenza e consapevolezza, si mette in atto la considerazione fondamentale, valida in ogni tempo e in ogni ambito, di Fernando Pessoa: “I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo”.
IM
 
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Nota dell’autore

I testi de La linea dei passi risalgono agli anni Novanta e anche prima: il libro, così come si presenta, è stato chiuso intorno al 1998. Mi accorsi, allora, che le cose che scrivevo ruotavano intorno al viaggio e alla ricerca d’una città come luogo, topos, del possibile. La casualità diventò progetto consapevole. Il viaggio è la vita (la vita è viaggio), la scrittura stessa un viaggio nella vita e nella letteratura nelle diverse forme: racconto, lettere, diari. Perciò prose.
 
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Dietro i “passi insoliti” ed “extravaganti” di Enzo Rega

di Luigi Fontanella

Mi fa piacere segnalare un bel libro di narrativa, insolito ed extravagante, recentemente pubblicato da Enzo Rega: critico di cinema e letterature multidisciplinari, poeta, studioso di filosofia e docente napoletano. Rega è di origine genovese, ma vive ormai da decenni nel napoletano, per la precisione a Palma Campania, dopo aver vissuto anche a Bergamo e a Siracusa.
          Ho detto “insolito” ed “extravagante” perché il libro, che ho appena finito di leggere, La linea dei passi (Edizioni Helicon, vincitore del Premio “La Ginestra” 2018, ISBN 978-88-6466-552-4), è una raccolta zigzagante tra riflessioni, pagine diaristiche, lettere, improvvise illuminazioni, brevi o lunghe narrazioni vere e proprie, eccetera eccetera; quasi tutte condotte sul filo odeporico di un viaggiare (reale e mentale) che ha portato il narratore in varie città italiane ed europee.
          In ognuna di esse Rega ha ricevuto e – a sua volta ha restituito su queste pagine – impronte e folgorazioni flagranti.  Uso di proposito quest’ultimo aggettivo proprio pensando a una terminologia estetica (mi viene in mente Cesare Brandi quando scriveva, che, di fronte a un’opera d’arte, avvengono fenomeni di astanza e flagranza). Del resto il sottotitolo di questo volume è già di per sé abbastanza esplicito, e recita appunto “Prose sulle città e il viaggio”.
          Leggendolo, si ha come l’impressione di essere man mano catturati in una sorta di (ragna)tela labirintica, nella quale momenti puramente diaristici si intrecciano con felici agnizioni, girovaganti meditazioni alla Robert Walser, incanti, illuminazioni, struggimenti mnestici e straordinarie intuizioni critiche alla Walter Benjamin. Un magma, il tutto, depositato in prose che rifiutano una loro “canonica” collocazione o una stantia coesione organica, ma che fluttuano liberamente nella mente del “viaggiatore” scrivente, il quale ce le porge anche in forme epistolari o di pure descrizioni intratestuali da lui riportate puntualmente con sguardo come casuale e infallibile insieme.
          Tutto questo, beninteso, senza che ci sia alcuna tonalità self-indulgent, o, peggio, sentimentalistica. A Rega piace muoversi in totale libertà fra le varie esperienze da lui vissute in prima persona e le ripercussioni che queste hanno provocato nella sua mens; una Erlebnis che si distende seducente, pagina dopo pagina, e che nel complesso risulta variamente cattivante e coinvolgente. Dietro queste pagine fanno capolino i vari Maestri o angeli custodi che hanno nutrito l’immaginario di Enzo, a partire da nomi stellari come Nietzsche, Pessoa, Hugo von Hofmannsthal, Musil e Benjamin, fino ad arrivare a scrittori della generazione successiva, come Cesare Pavese, Peter Handke, il nostro Tommaso Landolfi.
          Un libro, in ultima analisi, che una volta letto, quasi vorrebbe spingere il lettore – al pari di quell’indimenticabile passeggiatore solitario, su cui ha scritto pagine di eccezionale bellezza W.G. Sebald – a recarsi proprio nei luoghi da Enzo enarrati, per andarli a visitare con i nostri e i suoi occhi, magari portandosi dietro questo suo segmentato vademecum narrativo,  e rileggendosi le pagine dedicate a questa e o a quella città (Praga, Londra, Milano, Basilea, Mulhouse (Alsazia), Bruxelles, Berlino, Verona, ecc. e, pur sempre, la natia Genova del nostro viaggiatore-scrittore.

 

“La linea dei passi” di Enzo Rega, pp. 182, Edizioni Helicon, 2019, € 14,00                     in “America Oggi”, Magazine domenicale 16 febbraio 2020
 
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ENZO REGA, nato a Genova nel 1958, risiede a Palma Campania (Napoli), e ha vissuto anche a Bergamo e a Si­racusa. Si occupa di letteratura, filosofia, cinema e critica della cultura. Insegna in un liceo e ha collaborato con l’U­niversità di Salerno e il “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Redattore di “Gradiva” e “Levania”, scrive per “L’Indice dei libri del mese”, “Poesia”, “Italian Poetry Review”. Tra i volumi pubblicati: di narrativa Le albe inutili (C.E. Men­na, Avellino 1980) e Due volte futuro (Michelangelo 1915 Editore, Palma Campania (NA) 2010); di poesia Acroniche angolazioni (Forum / Quinta Generazione, Forlì 1982) e Indice dei luoghi. Poesie da viaggio (e d’amore) (Lace­no/Mephite, Atripalda (AV) 2011); di saggistica Berlino e dintorni. Arte, cultura e vita nel Novecento (Edizioni “Il grappolo”, San Severino (SA) 2001); A colloquio con i po­eti: De Angelis, Fontanella, Neri (con Carlangelo Mauro, Stango, Roma 2003); Il cinema come fenomeno sociale (con Pasquale Gerardo Santella, Loffredo, Napoli 2005); Deri­ve mediterranee. Immagini letterarie da Napoli all’altra sponda (con una nota introduttiva di Ermanno Rea, l’arca e l’arco edizioni, Nola (NA) 2012; menzione d’onore al Premio “Casentino” 2018). Con la Zanichelli ha pubblica­to, tra il 2014 e il 2017, un corso per le scuole superiori di Scienze umane.

 

Premio Internazionale GRADIVA (2020) – settima edizione

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STATE UNIVERSITY OF NEW YORK @ STONY BROOK
SETTIMA EDIZIONE DEL PREMIO INTERNAZIONALE GRADIVA (2020)
La casa editrice Gradiva Publications bandisce la settima edizione del Premio Internazionale Gradiva. Al Premio, sponsorizzato dall’editrice, dal Center for Italian Studies della Stony Brook University e da donazioni private, si concorre con un libro singolo di poesia in lingua italiana, pubblicato fra gennaio 2018 – aprile 2020. Sono escluse antologie e plaquettes.  Alla partecipazione sono esclusi membri della Direzione-Redazione della rivista “Gradiva”.   I libri concorrenti non saranno restituiti. Non è prevista alcuna quota di partecipazione. I partecipanti possono, se vogliono, facoltativamente sostenere in forma di donazione spontanea e aperta, la non-profit Gradiva Publications, i cui intenti sono quelli di promuovere e diffondere scolasticamente la poesia italiana nei Paesi anglofoni.  *
 
Al vincitore sarà assegnato un premio di $1000 (mille dollari), il rimborso al 50% delle spese di viaggio relative unicamente al biglietto aereo in classe economica dalla città italiana di partenza al Kennedy Airport, l’alloggio per due notti presso l’Hilton Garden Hotel della State University di N.Y. e il cenone finale.  Case editrici o singoli autori devono spedire una copia del loro libro ENTRO IL 15 APRILE 2020 (farà fede il timbro postale) a ciascuno dei membri della Giuria, sotto elencati, in ordine alfabetico, con l’indicazione dell’indirizzo, telefono e email di ogni partecipante al Premio.
Si prega NON spedire i libri per raccomandata.
 
ALESSANDRO CARRERA, Modern & Classical Languages, University of Houston, 3553 Cullen Blvd, Room 612, Houston, Texas 77204-3006, USA. 
MAURIZIO CUCCHI, via De Amicis 57, 20123 Milano
LUIGI FONTANELLA, Humanities Building, Room 2126, SUNY, 100 Nicolls Rd., Stony Brook, New York 11794, USA.
IRENE MARCHEGIANI, 303 Mountain Ridge Dr., Mt. Sinai, New York 11766, USA.
ALESSANDRA PAGANARDI, Corso Lodi 37, 20135 Milano, Italia.
 
Presidente Onorario: Dr. Len Marino (senza diritto di voto a cui non va inviato il libro).
Segreteria del Premio: Irene Marchegiani :  gradivasunysb@gmail.com
 
La Giuria selezionerà gradualmente i libri in concorso. Una successiva consultazione determinerà la cinquina finalista. Un’ultima votazione determinerà il libro vincitore del Premio. La cerimonia di premiazione avrà luogo durante il mese di ottobre del 2020, presso il Center for Italian Studies della State University di New York, con sede a Stony Brook, e sarà comunicata all’autrice/autore, con l’obbligo di presenziare alla cerimonia pena il decadimento pecuniario del Premio. Per ulteriori informazioni, si prega contattare la segreteria via email: gradivasunysb@gmail.com   
La Giuria si riserva il diritto di non assegnare alcun premio, ove ritenesse non meritorio o non idoneo il materiale valutato, senza per questo essere oggetto di reclamo o denuncia.
 
* Per sostenere l’attività dell’editrice non-profit Gradiva Publications effettuare bonifico, come donazione spontanea, con spese bancarie a carico dell’ordinante, presso Banco BPM, Sede Firenze 1606, IBAN: IT55 T 05034 02813 000000010982, Swift: BAPPIT22, conto corrente intestato a Luigi Fontanella, che ne rende conto all’Amministrazione di Gradiva Publications.  Spedire la ricevuta scannerizzata via email, oppure per via aerea all’indirizzo amministrativo del Premio: 303 Mountain Ridge Drive, Mt. Sinai, New York 11766, USA.
 
Vincitori delle precedenti edizioni: Sauro Albisani (2013); Maurizio Cucchi (2014); Massimo Scrignoli (2015); Milo De Angelis (2016); Maria Attanasio (2017); Alba Donati (2019). Nel 2018 il Premio non è stato assegnato.
 

 

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