Though lovers be lost love shall not / And death shall have no dominion. Leggendo Polveri nell’ombra di Antonio Spagnuolo mi sono tornati alla mente, in modo graduale ma nitido, questi versi di Dylan Thomas: “Anche se gli amanti si perderanno non verrà perduto l’amore / e la morte non prevarrà”.
La traduzione come sempre può avere sfumature e accenti diversi ma la sostanza è netta, inequivocabile. Le parole chiave sono “amanti” e “morte” e la dicotomia che ne deriva si inserisce nell’amplissimo filone del binomio eros – thanatos. Le sfaccettature sono infinite, le gradazioni multiformi. L’accostamento tra i due termini è stato sviscerato e cantato con altrettante numerose modulazioni. Spagnuolo ha scelto in questo suo libro un approccio del tutto personale, assolutamente schietto e sentito. La poesia di Polveri nell’ombra pur conservando l’accuratezza lessicale e il rovello della ricerca della parola esatta, è, al contempo, un intenso, accorato omaggio alla memoria della donna amata. Spagnuolo tuttavia, per istinto, per perizia, e grazie alla sincerità (è giusto ribadirlo) di un sentimento che ha dato senso e lo dà tuttora ad una vita intera, ha evitato i baratri e i crepacci scivolosi del già detto, del patetico e del retorico fine a se stesso. Potremmo dire che la morte non prevale perché la poesia autentica (in tutte le accezioni del vocabolo) mantiene vivo un ricordo che non è semplice e patinata rievocazione ma è una forma di vita ulteriore, anche al di là dei confini fisici e cronologici.
È opportuno qui fare nuovamente riferimento ad una delle parole cardine citate nei versi d’esordio: “amanti”. L’amore a cui fa riferimento Spagnuolo, è, anche, amore sensuale, corporeo, umanissimamente concreto. Il corpo, grazie alla parola e alla sua capacità di rendere il ricordo assolutamente presente, quasi tangibile e percepibile, non si dissolve, resta lì, ad ispirare, a fare da riferimento costante per i gesti e i pensieri. La sensualità, sana ma assolutamente concreta, è sempre stata una delle caratteristiche della poesia di Spagnuolo: il corpo come strumento per esplorare non solo i sensi ma anche il senso, inteso come significato, potremmo dire “seme”, nel senso di interazione di realtà e sentimento, concretezza e sogno, indagine sull’essenza stessa dell’essere al mondo, quindi, con un percorso circolare, torniamo al punto di partenza che è anche punto di arrivo: l’amore indaga, anche attraverso il corpo, sul senso dell’amore e quindi della vita. E viceversa.
Coerentemente, e con la tempra anche poetica che lo contraddistingue, anche dopo la morte della compagna Spagnuolo non ha spento questo canto della corporeità, non ha disattivato il tasto della nota intensa che fa da accordo tra il tangibile e il pensato, la verità e il sogno.
Come osserva anche Daniele Giancane nella recensione qui sotto riportata, la compagna del poeta, ossia la figura femminile è “la ninfa dal viaggio indefinibile”. La parola ha assonanze sia mitologiche che concrete, riferimenti alla letteratura classica e recente, e si innesta ad un altro archetipo fondamentale: il viaggio. Non termina il viaggio condiviso con la morte della compagna. “Tra il libri dei miei vent’anni / già c’era il tuo sorriso”, scrive nella poesia di pagina 68. Il prima si intreccia saldamente all’ora e al dopo. La fine, intesa in senso fisico e cronologico in realtà non spezza, non conclude. Perché l’amore di una vita, vissuto pienamente, con mente, cuore e pensiero, non ha un inizio, c’è già nelle pagine scritte prima del primo incontro e resta anche dopo la morte.
Tutto ciò non significa che non sussista il dolore. “La fascia del tormento ha il passo lento / che ritorna più freddo, al gocciolio / delle palpebre […] T’ha rapito il tradimento delle ore / ai confini di un giorno maledetto, / senza un sussurro, senza il tuo sorriso, / sparita più volte nelle veglie, bruciate / nell’increscioso torpore del sogno. / Nel blocco del silenzio ritorna il tuo profilo.” Il tormento è costante ma non è sinonimo di sconfitta, non è resa annichilente. Il ricordo è vivido e, pur nel perdurare della pena dell’assenza, consente di vivere per dare voce a ciò che ancora del mondo vale la pena vedere, descrivere, fare oggetto di un racconto in versi. Perché ciò che la donna amata prediligeva, i fiori, i violini, il mare, sono ancora lì, e la loro bellezza è ancora sostenibile nel pensiero di lei. È come se ogni cosa Spagnuolo la vedesse e la descrivesse non solo con i suoi occhi ma anche con gli occhi di colei che ha amato ed ama.
Polveri nell’ombra è un ulteriore passo del percorso poetico e umano di Antonio Spagnuolo. Un libro che, al valore della cura assoluta per il suono e la tornitura del verso, abbina quella che potremmo definire una riflessione vissuta e resa corporea sul senso del dolore, sul lutto, sulla perdita, ma anche sulla persistenza del ricordo, della presenza, in una parola dell’amore.
IM