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Le smanie per la villeggiatura

Tutt’altro che contemporanea, certo, ma ancora rappresentatissima, così come presente e viva è la stagione descritta, il tema e l’atmosfera: Le smanie per la villeggiatura, commedia di Carlo Goldoni del 1761. Il De Sanctis nella sua Storia della Letteratura Italiana (1870) sostiene che con Goldoni “la nuova letteratura fa la sua prima apparizione” grazie ad un autore che “cerca nel reale la sua base e studia dal vero la natura e l’uomo”.

Le smanie per la villeggiatura non piacque al pubblico dell’epoca. Chissà perché! La prima al Teatro San Luca registrò un buon successo, ma già alla terza rappresentazione gli spettatori erano scarsi. Goldoni difese la propria creatura, e con essa il proprio orgoglio, attribuendone la causa alle dimensioni del San Luca, teatro di grandi proporzioni e quindi poco adatto ad una commedia tutta d’interni. Il problema però era nei contenuti più che nelle forme e nelle dimensioni delle sale. Il pubblico borghese del tempo si sentì scrutato da occhi troppo attenti e penetranti, colto di sorpresa, nudo, o almeno nell’atto di coprire le pudende con abiti leggeri, quasi trasparenti. La verità. O perlomeno una verità, possibile, credibile, e, in quanto tale, scomoda.

Leonardo, uno dei personaggi di maggior spessore della commedia, ci regala battute pungenti, ironiche e autoironiche, di una comicità, volontaria o meno, carica di risvolti emblematici. “È pur troppo vero, chi vuol figurare nel mondo convien che faccia quel che fanno gli altri”, osserva. E argomenta poco oltre, con grande trasporto: “Oh gran disgrazia invero! Un abito di meno è una disgrazia lacrimosa, intollerabile, estrema”.

Come dargli torto!

Goldoni si conferma, vale la pena ribadirlo, autore fintamente semplice, fintamente ingenuo, fintamente lieve. C’è, nel suo realismo, un’allegria malinconica, sprazzo di luce a metà tra alba e crepuscolo, che illumina con un sorriso le magagne, i vizi privati e le pubbliche virtù, le contraddizioni di quell’organismo complesso che è l’uomo. L’uomo nel suo habitat per nulla naturale: la società. Un po’ riserva, parco recintato, un po’ gabbia di zoo. Utile, necessaria, soffocante.

Autore moderno il Goldoni, capace di dire cose che vanno al di là del tempo, delle parrucche incipriate, dei nei finti e dei nei reali dell’età in cui visse. Capace di piacere anche alle moderne sostenitrici dell’indipendenza femminile magari, per quel suo lungimirante coraggio, molto antelitteram, di mostrare che alla fine è la donna che decide dove si va in vacanza, con chi, come e perché. E, prima e dopo la villeggiatura, c’è il sospetto che sia ancora lei, la donna, a far girare la casa, gli ospiti, i familiari. Un po’ angelo del focolare e un po’ solida locandiera, abiti soffici con tanto di décolleté, ma la testa, e il suo contenuto, ben saldi, calibrati.

“L’innocente divertimento della campagna è divenuto a’ dì nostri una passione, una mania, un divertimento”, scrive lo stesso Goldoni nella nota introduttiva al testo. Con i tre ingredienti elencati, miscelati in modo ottimale, l’autore veneziano ha realizzato tre commedie di argomento “vacanziero”, di cui Le smanie è la più nota. Tra debiti, ambizioni, piccole e grandi tresche, invidie, livori, meschinità varie, si dipanano i preparativi per la partenza per la località di Montenero presso Livorno. Gli spettatori del tempo, come detto, non gradirono. Troppo nitido lo specchio. Permetteva di vedere le rughe e le cicatrici nonostante l’abbondante strato di cerone cosparso sulle facce.

Noi invece siamo spettatori moderni. A noi non capita certo di smaniare per prenotare, meglio se tramite Internet, un viaggio a Riccione invidiando il vicino di casa che parte per Porto Cervo. O viceversa. A noi no. Non capita a noi di mettere a rischio il bilancio familiare, come accade ai personaggi della commedia, con l’acquisto di un telefonino ultimo modello con suoneria dodecafonica e sveglia realizzata dal vivo dalla London Symphony Orchestra, in grado di scaldare anche, nel frattempo, un caffè macchiato zuccherato al punto giusto. Già, noi siamo un pubblico evoluto, smaliziato. Possiamo goderci Goldoni tranquillamente. Di sicuro vale la pena. Magari preparandoci per un puntatina veloce a Capri. Se ci riusciamo. Magari facendo un’ora e tre quarti di fila. Con un po’ di smania. Ma in fondo neppure troppa. Forse.