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Distanze obliterate

Distanze obliterate è un bel titolo. Proprio in virtù della sua natura quasi ossimorica: se viene obliterata la distanza non è più tale, muta nome e sostanza, diventa dialogo, avvicinamento, fertile commistione. Perché tutto ciò che è ibrido, polimorfo, è fertile per natura e per definizione.
Non è solo un titolo e non è solo un libro. Distanze obliterate è anche un progetto, anzi una realtà. È portata avanti da Alma Poesia con il sostegno di puntoacapo Editrice. È frutto delle idee di un gruppo di giovani competenti e appassionati ed è un interessante viaggio nel tempo e nello spazio, tra varie generazioni di autori e tra le diverse regioni italiane, percorse sulle onde di Internet, ma anche sui binari delle Ferrovie dello Stato, soprattutto da Alessandra Corbetta che sta accompagnando la sua creatura cartacea per paesi e città, con grande affetto e grande cura.
Il progetto di Distanze obliterate è illustrato qui di seguito nei dettagli, tramite la pagina che ho ricavato dal sito di puntoacapo Editrice.
Copio anche dalla pagina Facebook di Alessandra Corbetta alcune foto della presentazione del libro che si è tenuta a Pisa sabato scorso. Pubblico inoltre la locandina della presentazione che avrà luogo domenica prossima, 17 ottobre, a Livorno; e un riferimento al programma “Poème électronique” previsto a Genova il 16 ottobre.
Buona partecipazione agli eventi, a chi potrà e vorrà, e buona lettura di Distanze obliterate.
IM
In che modo la velocità della Rete, gli effetti del mediashock e tutte le affascinanti promesse del web – come accorciare le distanze o ridurre i tempi di comunicazione – hanno cambiato il modo di fare poesia e hanno influito sul senso di identità e di relazione di ciascuno? I testi raccolti in questo volume, scritti da poeti nati tra il 1940 e il 1999, provano a tracciare alcune possibili traiettorie di senso per rispondere a questa domanda e fare nascere altre quesiti capaci di alimentare consapevolmente il dibattito intorno a poesia e Rete. Il volume si articola in due sezioni: la prima è dedicata agli omaggi di poeti affermati che hanno concesso alcuni contributi inediti sul tema; la seconda ospita invece gli inediti di poeti che hanno risposto alla call per la composizione del volume e che sono stati ritenuti meritevoli di farne parte dal comitato editoriale di Alma Poesia, che si è occupato anche della stesura di commenti critici che intervallano i testi delle autrici e degli autori proposti. Distanze obliterate. Generazioni di poesie sulla Rete, in un viaggio tra le generazioni, prova a riassumere in sé le diverse accezioni del rapporto poesia-Rete e a restituirle nella forma organica di questo volume, con l’auspicio che possa essere da stimolo e da supporto a studi successivi del fenomeno.

La curatela:
Alma Poesia è un blog di poesia, nato il 4 aprile 2020, fondato e diretto da Alessandra Corbetta; si configura come un progetto editoriale articolato, che si avvale di una redazione composta da persone con percorsi di studio e ruoli professionali differenti, e dell’integrazione con gli strumenti comunicativi offerti dalla Rete. A oggi Alma Poesia, oltre che di Corbetta, si compone della Crew costituita da Valentina Demuro, Francesco Destro, Luca Gamberini, Emanuele Andrea Spano e dei Contributors Alessia Bronico, Giuseppe Cavaleri, Sara Serenelli, Martina Toppi e Sara Vergari. (www.almapoesia.it)

Il caffè letterario Volta Pagina di Pisa, ieri sera ha sentito le voci delle distanze obliterate: voci di generazioni diverse, ognuna con la propria idea di cosa rappresenti la Rete e cosa la Poesia, ognuna pronta a mettersi in ascolto di quella degli altri per crescere, confrontarsi, ampliarsi.
Grazie, quindi, agli autori che hanno reso possibile tutto questo: Fernando LenaJonathan RizzoMarco Bini e Massimo Del Prete.
A Jonathan un ulteriore ringraziamento per avere organizzato questa bellissima serata con sincero altruismo e al Caffè Volta Pagina per l’attenta ospitalità❗️❤

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 5 persone, tra cui Alessandra Corbetta e Jonathan Rizzo e spazio al chiuso

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 4 persone, tra cui Jonathan Rizzo, persone sedute e spazio al chiuso

Potrebbe essere un'immagine raffigurante una o più persone e il seguente testo "Reading e presentazione del volume, DISTANZE OBLITERATE (PUNTOACAPO EDITRICE 2021) a cura di Alma Poesia DOMENICA 17/10, ORE 21.00, C/O CAFFE LETTERARIO LE CICALE OPEROSE, C.SO AMEDEO 101- LIVORNO- Interverranno Alessandra Corbetta, Sara Vergari, Francesca Del Moro,Jonathan Rizzo."

“Distanze obliterate” (Puntoacapo Editrice 2021) continua il suo viaggio:
 sabato 16 ottobre, ore 20.30, sarà a Genova, all’interno del programma di “Poème électronique”: ne parleranno l’editrice Cristina Daglio insieme a Emanuele Andrea Spano e Roberto Chiapparoli, con un focus sulle nuove tecnologie e la necessità di studiarle in relazione alle forme comunicative, comprese quelle della poesia;
 domenica 17 ottobre, ore 21.00, arriva invece a Livorno, presso il Caffè Letterario Le Cicale Operose: con me e Sara Vergari ci saranno gli autori Francesca Del Moro e Jonathan Rizzo.
Ringraziamo Ksenja Laginja, Federico Tortora e Maristella Diotaiuti per l’attenzione e l’accoglienza al nostro progetto.
E vi aspettiamo❗❤

Il sirtaki con le stelle

Il niente, l’annichilimento, sono le minacce, le Sirene che ci chiamano a sé. Ma se è vero l’assunto che il percorso individuale coincide su diversa scala al destino del mondo, la tenacia, il rifiuto della resa incondizionata, traggono linfa dalla stessa fonte: “sarà che la Terra è un posto dove / mi è toccato vivere, / non affretto la corsa / respiro e danzo il sirtaki / con le stelle”.
Una mia recensione a “Di albe e di occasi” di Grazia Procino e le sue risposte alla rubrica A TU PER TU. Buona lettura, IM

 

Copertina libro Procino

Grazia Procino, Di albe e di occasi,

Macabor editore,
collana Quaderni di Macabor, 2021
 
Sarà che vivo in controluce / con le albe e i tramonti di un sole / che, anche / quando non splende, / sorge per tutti”, scrive Grazia Procino in una delle liriche di questo suo recente libro. Vi sono segnali disseminati in questi versi. Mai resi smaccatamente palesi. Allusi, piuttosto, o evidenziati tramite richiami interni, ricorrenze e sottolineature sottese, e per questo più efficaci. La vita, innanzitutto. Quella condizione che, l’autrice lo evidenzia a più riprese, non è scontata, oggi più che mai. La vita individuale e quella collettiva, condivisa, quell’essere parte di un insieme più grande e complesso, illuminato da un sole, che, almeno lui, non fa distinzioni. Altro ineludibile concetto, ente o idea, è il tempo. La sequenza di albe e di tramonti non è mai lineare successione di istanti ma complessa interazione di presente, memoria e ipotesi di futuro. Tenendo conto del titolo c’è, inoltre, nei versi citati in apertura, una variazione solo in apparenza di scarso rilievo. Nel titolo si parla di “occasi”, nelle poesie del libro più volte di fa ricorso al vocabolo “tramonti”. Occasi è un vocabolo che fa riferimento al mondo classico. E non sembra solo un omaggio a volumi tanto amati e a lungo studiati dall’autrice. Appare quasi come un traguardo, un punto elevato raggiunto passo dopo passo, gradualmente, con tenacia, senza mai scordare il contatto dei piedi con il terreno. La cultura in questo libro non è esposta in vetrina in teche fosforescenti e tra fiocchi dorati. È presente anch’essa “in controluce”, potremmo dire, come strumento privilegiato di osservazione di un mondo il cui senso, quando è possibile coglierlo, è individuabile nella coesistenza di presente e passato, concretezza, sogno e memoria, indagine del sé in rapporto agli altri, al bene e al male della vita che scorre, a dispetto di tutto, nell’alveo del tempo.
            Il tempo, dunque, ancora lui; punto di partenza ed eterno ritorno. Ma, come opportunamente evidenzia Alessandra Corbetta nella prefazione “Se il lettore si attende una rievocazione nostalgica del perduto perché passato o una proiezione illusoria in un futuro indistinto rimarrà deluso, perché alba e occaso non rappresentano punti statici corrispondenti all’inizio e alla fine, bensì parti di un andamento ciclico, dove l’ago della bussola è sempre ben puntato sul presente.”
A fianco di questa condivisibile considerazione, viene fatto di soffermarci sull’evoluzione anche del modo di scrivere dell’autrice, ossia il suo modo di porsi di fronte alla scrittura come mezzo di espressione del proprio universo interiore. Nell’intervista rilasciata per la rubrica “A tu per tu”, Grazia Procino annota: “Ho dato forma a questa silloge, raccolto testi che avevo già elaborato e ne ho scritti altri sull’onda di un’energia rinnovata e di una volontà che non si piegava; è stata una fase di fervore creativo, in cui ho toccato vertigini corroboranti. Ho detto a me stessa che non potevo lasciarmi sconfiggere senza lottare; così, è nata […] la più personale delle mie raccolte, la più rivelatrice del mio vissuto, dove la narrazione di me come donna sovrasta qualunque altra sovrastruttura intellettualistica”. Siamo così di fronte ai due estremi di questo libro, la dimensione cronologica in sé, il concetto del tempo, e, sul fronte opposto (ma in realtà sovrapponibile, se non coincidente) l’evoluzione del proprio modo di essere e di scrivere (e anche in questo caso è possibile rilevare una tendenza sempre più netta al coincidere dei punti e dei segmenti di queste rette ideali).

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Sito e blog Dedalus – rubrica A TU PER TU

Nel 2020 le visualizzazioni sia del blog Dedalus che del mio sito sono molto cresciute.

(Almeno una cosa buona gliela devo riconoscere a quell’anno tanto “amato”)

Molto bene è andata anche la rubrica A TU PER TU. Ringrazio gli autori intervistati.

Se qualche altra autrice o qualche altro autore volesse parlare della sua attività o di un suo libro in particolare, mi contatti a questo indirizzo: ivanomugnaini@gmail.com

Screenshot_2021-01-04 Presentazione rubrica A TU PER TU - Ivano Mugnaini

A TU PER TU – Chiara Zanetti

Molti gli spunti di interesse che nascono dalle risposte di Chiara Zanetti alle cinque domande della rubrica A TU PER TU.
Di Chiara mi ha sempre colpito la capacità di abbinare la ricerca di leggerezza, divertimento e convivialità ad un’efficienza che verrebbe da definire di stampo “teutonico”. Ma non c’è bisogno di andare oltre confine. Diciamo un’efficienza che anche noi abitanti di questa strana Penisola a tratti sappiamo avere, quando ci svegliamo dal lato giusto.
Chiara non ha cercato scorciatoie: ha saputo ottenere risultati con dedizione e applicazione, mai ottusa o asettica, sempre all’insegna della gentilezza e del dialogo.
Anche nelle risposte all’intervista ha confermato queste caratteristiche: con grande sincerità e chiarezza ci parla di sé e dello “specchio in forma di parole” di un libro in cui, scrutando dentro se stessa e dentro un proprio “lutto”, finisce per parlare di tutti noi, di quello che fatalmente perdiamo, senza mai perderlo del tutto, forse, della fragilità e della persistenza, dell’interiorità, della paura (attuale, oggi e sempre) e della tenace volontà di guardarsi dentro trasformando la perdita e lo smarrimento in ricerca di espressione e di dialogo.
Anche in questo caso, se volete e potete, leggete le risposte nella loro interezza e nel contesto che ben delinea i chiaroscuri, il buio e la ricerca di spiragli di luce.
IM

A TU PER TU

UNA RETE DI VOCI

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5 domande

a

Chiara Zanetti

 

1 ) Il mio benvenuto, innanzitutto.

Puoi fornire un tuo breve autoritratto in forma di parole ai lettori di Dedalus?

Caro Ivano, grazie per l’ospitalità. Sai, nella mia vita sono sempre stata dalla parte dell’intervistatrice, della giornalista e mai il contrario, salvo un paio di importanti eccezioni.

Un mio autoritratto… Forse un’isola, circondata da pareti di mare, ma in continua ricerca di scambi con la terraferma. È significativo, peraltro, il mio rapporto con le periferie e l’insularità come identità liminale, ma non è questo il momento di dilungarmi in merito…

Caso vuole che stessi parlando proprio ieri con un caro amico scrittore di come i dipinti che alcuni artisti hanno realizzato ispirandosi alla mia figura siano in realtà troppo semplici per cogliere la mia essenza profonda. Credo infatti di essere (come tutti o quasi, in realtà) una persona complessa, densa di sfumature, contraddizioni, iperboli, svalutazioni…. Ma anche accrescitivi, vezzeggiativi, diminutivi. Una sorta di grammatica della persona… E non scordiamoci del binomio con l’analisi! Mi piace molto tentare di capire il mondo, questo è tutto quello che so di me e che ha ispirato il percorso che mi accingo a cominciare a gennaio 2021, ovvero il Master triennale in Counseling presso Aspic.

2 ) Ci puoi parlare del tuo ultimo libro (o di un tuo lavoro recente che ti sta a cuore), indicando cosa lo ha ispirato, gli intenti, le motivazioni, le aspettative, le sensazioni?

Cita, eventualmente, qualche brano di critica che ha colto lessenza del tuo libro e del tuo lavoro più in generale.

Particolarmente gradita sarebbe, inoltre, una tua breve nota personale sul libro (o sulliniziativa artistica).

Qualche riga in cui ci parli del tuo rapporto più intimo con questa tua opera recente.

La mia unica opera edita – al momento – è Testamento blu, uscita lo scorso 20 novembre con Echos.

Eravamo nel pieno del primo lockdown quando iniziai a scriverla, e anche l’agenzia di reclutamento per cui lavoravo al tempo era chiusa. Ero a casa, del tutto non abituata a trovarmici costantemente… Io amo scrivere, da sempre, come adoro leggere. Inoltre, mi ero appena imbarcata in una nuova relazione sentimentale dopo il fallimento del rapporto più lungo e sostanzioso della mia vita, finito nell’ottobre del 2018. Quasi due anni, direte, che significa… Beh, per me, molto, visto e considerato che è stato il lasso di tempo necessario per elaborare questo e altri “lutti”. Mi sono guardata dentro e ho pensato, sull’onda anche di una vocazione alle relazioni d’aiuto, perché non scrivere un saggio introspettivo in cui parlare di questo enorme buco nero (come credo ce ne siano nella maggioranza delle storie umane) e dare un esempio a cui appellarsi a chi si trova in difficoltà su vari fronti? E poi il gioco era fatto, ormai, ho colto la palla al balzo e ho iniziato a buttare giù il primo capitolo… Ne sono seguiti altri e infine è avvenuto il sodalizio con un artista che stimo molto per bravura e profondità di vedute, Andrea Lelario, a cui ho proposto di realizzare le illustrazioni del mio libro.

Il titolo mi sembra abbastanza indicativo… Il blu era per Wassily Kandinsky la tonalità dell’approfondimento e, in quanto al sostantivo, esso rimanda a ciò che lascio in eredità ai lettori, che può essere poco o può essere tanto, ma sarà sempre qualcosa.

Nella sua prefazione al testo, Vittorio Raschetti scrive: “Occorre passare per molti solitudini per trovare sentieri non ancora tracciati che portano nei pressi del vero. Perché non arrivare a nulla è diverso da arrivare al nulla. Solo nei segni più labili e nelle tracce più evanescenti è possibile salvarsi, solamente nella fragilità e nella persistenza di ciò che sembra già condannato a scomparire”, e penso qualifichi molto questo manoscritto, che mi ha procurato gioie e pianti.

Aspettative non ne ho. Nessuna velleità letteraria, sogno di successo, speranza di lucro o desiderio di entrare nel novero dell’intellighenzia italiana. Nel mio libro dipingo la mia interiorità ed è tutto ciò che mi importa, se qualcuno vi si può rispecchiare. Per accennare al mio rapporto intimo con questo testo, sicuramente farei riferimento anche alla paura… Timore che possa non piacere o deludere qualcuno.

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A TU PER TU – Alessandra Corbetta

Risponde oggi alla domande di A TU PER TU Alessandra Corbetta, autrice giovane ma già in possesso di una personalità ben definita, capace di abbinare la passione e la creatività poetica ad un’accurata osservazione, quasi di impronta scientifica, della realtà, dei tempi, della società e degli individui che la compongono, la determinano e ne sono condizionati.
Anche in questo caso queste mie note fanno solo da “teaser” (giuro che non è una parolaccia), da stimolo ad una lettura accurata.
Sono molto interessanti gli spunti e i modi con cui Alessandra tratta argomenti complessi e di estrema attualità: la sexual objectification e le pratiche di body modification, l’esperienza del singolo, il frame sociologico e diversi altri temi.
Con grande sincerità e schiettezza ci parla anche del Covid, dei suoi effetti sul modo di vivere, di pensare e di scrivere.
Il consiglio è quello di sempre:
chi vuole e può, legga l’intervista nella sua interezza.
Io nell’ambito di questa rubrica sono solo un dispensatore di Spritz, di aperitivi.
IM

Corpo della gioventù - copertina

A TU PER TU
UNA RETE DI VOCI
L’obiettivo della rubrica A TU PER TU, rinnovata in un quest’epoca di contagi e di necessari riadattamenti di modi, tempi e relazioni, è, appunto, quella di costruire una rete, un insieme di nodi su cui fare leva, per attraversare la sensazione di vuoto impalpabile ritrovando punti di appoggio, sostegno, dialogo e scambio.
Rivolgerò ad alcune autrici ed alcuni autori, del mondo letterario e non solo, italiani e di altre nazioni, un numero limitato di domande, il più possibile dirette ed essenziali, in tutte le accezioni del termine.
Le domande permetteranno a ciascuna e a ciascuno di presentare se stessi e i cardini, gli snodi del proprio modo di essere e di fare arte: il proprio lavoro e ciò che lo nutre e lo ispira.
Saranno volta per volta le stesse domande.
Le risposte di artisti con background differenti e diversi stili e approcci, consentiranno, tramite analogie e contrasti, di avere un quadro il più possibile ampio e vario individuando i punti di appoggio di quella rete di voci, di volti e di espressioni a cui si è fatto cenno e a cui è ispirata questa rubrica.
IM

5 domande

a

Alessandra Corbetta

 

1) Il mio benvenuto, innanzitutto.

Puoi fornire un tuo breve “autoritratto” in forma di parole ai lettori di Dedalus?

 

Ho sempre detestato il momento delle presentazioni, anche quando ero bambina; con la crescita, ancora di più. Per i boriosi diventano un’occasione per lo sfoggio, spesso iperbolico, di sedicenti qualità e mansioni, per i timidi attimi di imbarazzo, per quelli, come me, che mal sopportano le etichette, qualcosa di inutile.

Allora dico solo che sono Alessandra Corbetta e riporto due versi di Umberto Fiori che sento molto vicini: «Potessi io / essere il prato, / non il tremore / di questo filo d’erba.»

 

2) Ci puoi parlare del tuo ultimo libro (o di un tuo lavoro recente che ti sta a cuore), indicando cosa lo ha ispirato, gli intenti, le motivazioni, le aspettative, le sensazioni?

Cita, eventualmente, qualche brano di critica che ha colto l’essenza del tuo libro e del tuo lavoro più in generale.

Particolarmente gradita sarebbe, inoltre, una tua breve nota personale sul libro (o sull’iniziativa artistica).

Qualche riga in cui ci parli del tuo rapporto più intimo con questa tua opera recente.

 

La mia ultima pubblicazione in versi si intitola Corpo della Gioventù, ed è uscita il giugno dello scorso anno per Puntoacapo Editrice.

La raccolta parte da una riflessione di stampo sociologico, il mio ambito di afferenza accademica, sul corpo che, soprattutto negli ultimi anni, è diventato lo strumento attraverso il quale indagare e rappresentare molte questioni sociali. I discorsi sulla sexual objectification e le pratiche di body modification non sono che due delle dimostrazioni più evidenti di come la corporalità funga da capro espiatorio per dire di altro. Ad esempio, ed è quello su cui Corpo della gioventù prova a interrogarsi, la difficoltà, nella nostra società occidentale, di uscire dalla giovinezza per entrare nell’adultità; il corpo, nelle modificazioni che subisce e nella sua facile esposizione, diventa il paradigma della paura nell’affrontare questa transizione e suggella la tendenza del nostro tempo a procastinare oltre misura l’inizio dell’età adulta. L’opera, nelle sue cinque sezioni Fessure, Attraverso, Rintocchi, Battenti, Esplosione, interseca a questa cornice macro l’esperienza del singolo, e quindi la dimensione micro, nella quale l’elemento autobiografico compare solo in qualità di mezzo di congiunzione al frame sociologico. Il libro è introdotto da due note, una a cura di Tomaso Kemeny, l’altra di Lamberto Garzia che evidenziano il moto di resistenza posto in essere dall’io per non adattarsi a un diktat sociale che vorrebbe imporre una cronologia unificata al tempo personale del soggetto; la postfazione, invece, realizzata da Ivan Fedeli, si concentra sulla dimensione esistenziale del corpo; scrive, infatti, Fedeli: «Il corpo assume allora dimensione esistenziale: avvolta nei corpi di tutti / nessuno è barbaro / qualcuno resiste: avvolgente in sé, si copre di carne per nascondere, come una matrioska, le fratture interne, le smagliature di un essere che è solo in funzione di ciò che percepisce, abita. Pensare alla ricerca poetica della Corbetta è, quindi, condividere l’idea di una continua evoluzione, magmatica, dell’Io in funzione di una realtà sfuggente, che si dimostra talvolta insidiosa nella metafora di una casa vuota, di uno specchio che non riconosce, di posti che non attraversano, talvolta più rassicurante, nell’idea di un porto che accoglie in silenzio proprio mentre tutto tace e diventa possibile la quiete. In questa cornice accade la poesia: essa si addensa in una forza immaginativa mai scontata, in cui l’identità personale si consuma lasciando spazio alla matrice di un’esperienza comune di spaesamento, incredulità.»

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ESSERE GLI ALTRI – la parola, il gesto, lo sguardo

Alessandra Corbetta, Essere gli altri, LietoColle edizioni, Faloppio, 2017

Potessi io/ essere il prato,/ non il tremore/ di questo filo derba. È questa l’epigrafe che si incontra nel libro di Alessandra Corbetta. È giusto, e direi necessario, accogliere questa voce e questo sguardo, questo approccio che è anche un biglietto da visita, un modo per dire sono questo, sento questo adesso, e forse sempre e da sempre. Le parole scelte da Alessandra e poste all’ingresso del suo mondo sono di Umberto Fiori e sono tratte dal libro Voi. La prima riflessione, anzi la prima sensazione che nasce, è quasi una rilevazione, una tracciatura, un fare il punto delle coordinate visive e mentali: gli occhi sono rivolti verso gli altri, verso realtà esterne. Una rarità, nel panorama della scrittura e anche della vita. Ma non è così semplice, e la bellezza della generosa semplicità si arricchisce di risvolti che diventano di per sé densi di filosofia e psicologia. Si pensa agli altri e si parla degli altri, anche in questo libro, partendo dall’io e a esso ritornando, in un’ineluttabile ring composition. Si parte da quel potessi io che infrange il silenzio e risuona netto, possente, sussurrato e roboante. Per poter essere gli altri bisogna in primo luogo essere se stessi, sapere incontrarsi e confrontarsi con le proprie radici, le corse e gli inciampi, le verità dette e quelle taciute, il volo e la paura. Alessandra Corbetta compie il tragitto con intensa leggerezza. Osa essere lineare e sincera. Mette davanti ai suoi e ai nostri occhi il coraggio di stupirsi ancora, con uno sguardo maturo e bambino, il gioco e la ferita, la caduta e la tenacia del rialzarsi e del ricominciare. In tal modo, scevra da orpelli e schermi, può guardare ed essere vista senza che nessuno sia costretto a indossare una maschera ulteriore sulla maschera naturale di ciascuna persona (con l’etimologia ineluttabile di quest’ultima parola, maschera e poi individuo, che viene in qualche modo resa vivibile, se non sconfitta).

L’epigrafe di cui si è detto è preceduta solo dalla dedica A mia mamma, la prima forma di poesia che ho incontrato. Si ricollega al coraggio di dire le proprie emozioni, di renderle parole senza armatura, senza imbottitura protettiva di retorica. Alessandra mostra ciò che sente agli altri, come omaggio estremo, come invito impegnativo ad essere una cosa sola, a dare e a ricevere quell’emozione primigenia a cui l’evoluzione sociale, sofisticata e snaturante, ci ha disabituati. Ci viene chiesto di giocare a carte scoperte, come i bambini, come i matti, come chi non ha paura di dire sono un uomo, sono una donna, ho un cuore. In questo gioco in apparenza semplice è racchiusa la più grande delle sfide, non solo letteraria, non solo del linguaggio. Qui è situata la frontiera che non si sa oltrepassare se non si cammina con passo leggero e consistente, sapendo che ogni vocabolo davvero sincero lascia una traccia e scava dentro.

Una volta chiariti con uno sguardo e un sorriso i termini del contatto e del contratto con chiunque voglia ascoltare e ascoltarsi, l’autrice può raccontarsi, descriversi in versi: “L’acqua sporca mi ha sommersa di piacere, che disgrazia vedere la bellezza./ Ma una goccia del ricordo di rugiada/ diventa pioggia di purezza/ nello specchio pulito dei tuoi occhi,/ in cui piange la mia felicità”. La prima poesia che incontriamo si intitola “Acqua sporca”. Il primo elemento di identificazione è l’acqua. Il “pensarsi liquidi”, la dimensione baumaniana, emerge di primo acchito, ci sfiora e ci avvolge. La modernità vissuta e subita, la propria essenza, la solidità, la consistenza o la ricerca di essa, sono fatte, in prima istanza, di acqua. Ed è acqua sporca. Ma tale condizione non è esclusivamente negativa. Essere impuri vuol dire non essere asettici. Significa contaminazione, esposizione al contatto con ciò che rende imperfetti ma vivi, in grado di generare altra vita, altre forma di esistenza che perpetuano il mistero crudele e sublime dell’esistere. L’amore, innanzitutto. Il piacere, il dolore, il ricordo e lo specchio di quegli occhi in cui vediamo allo stesso tempo l’oggetto dell’amore e il proprio soggetto, la fonte e l’origine. Le parole sono semplici: goccia, pioggia, occhi, felicità. Per istinto e per deliberata opzione Alessandra Corbetta sceglie di cercare il senso del tempo nelle cose, negli oggetti, in ciò che può essere guardato e sentito addosso, come una seconda pelle.

Questo libro è anche un diario, oltre che giornale di bordo e di viaggio della propria progressiva Bildung. Ci sono le annotazioni di incontri e di abbandoni, di volti incrociati un secondo oppure inseguiti per anni. E con i volti ci sono le parole, compagne di viaggio con cui ci si confronta, ci si rivela, tra riso e pianto, scoprendoci e scoprendole ogni volta diverse, nuove. “Le parole fatte/ di materiale vivente/ attraversano larte/ della mia umana pelle./ E sono felice.” Essere felice. Pochi poeti lo avrebbero detto in modo così nitido e lineare. Essere felici in poesia è quasi una colpa, una tendenza poco chic e poco politically correct. La poetessa Corbetta lo mette nero su bianco: sono felice. Ma attenzione, questo è tutt’altro che un libro ingenuo. Ogni istante di felicità passa per infinite ricerche, e ciò che attraversa l’arte spesso, anche qui, attraversa anche la pelle e la carne. Sono lame di rimpianti, di illusioni a lungo corteggiate e poi svanite, di amori rincorsi e diventati versi scritti sulle pagine di un quaderno di scuola fino a quando la scuola finisce ed inizia l’ora interminabile della matematica della vita.

Matematica e filosofia, arte e poesia: il dissidio mai risolto tra ciò che sogniamo e ciò su cui siamo chiamati a riflettere. Emblematica la poesia di pagina 21 e 22 in cui un incontro in treno descritto tramite una cronaca ironica e suadente, precisa e surreale, mette in risalto sia la capacità dell’autrice di registrare emozioni dense di risvolti simbolici sia alcuni degli ossimori esistenziali alla base del vivere, dello scrivere e del ragionare sulle emozioni: “Wittgenstein e Carnevali/ Lo conosce Carnevali?/ Dimenticato, ingiustamente… lo legga/. Mi parla, io la ringrazio/ Ma di cosa, si figuri!/ Legga, legga Carnevali./ Milano Centrale arriva,/ il cartello, la stazione, la fermata:/ la real che irrompe impropria nella vita./ Arrivederci! le dico, scenderà a Torino, ho sentito./ L’avvocato di Gozzano, chissà ma i suoi occhiali blu cobalto…”.

E qui viene fuori un volto nuovo, o meglio il completamento di quello sguardo e di quella dolcezza che su un treno ringrazia con umiltà uno sconosciuto che le detta la sua verità, che le impone un menu del pensare e del leggere, una ricetta. Il mistero è in quegli occhiali color cobalto, e in tutto il buono e il gelido che potenzialmente contengono. Sono gli occhi degli altri. Quelli che si vuole e che spesso si deve essere. Di sicuro vuole esserlo Alessandra, sente di desiderarlo, lo ha desiderato e se lo è prefissato come obiettivo. Allora è fatale, ineluttabile, accettare di guardare quel blu e accogliere dentro di sé la realtà che irrompe impropria nella vita. Sapendo che porterà dolore ma anche senso, un bagaglio pesante ma al cui interno c’è la ricchezza del tempo. Il trucco, se non la soluzione, è sapere riflettere sul tempo senza pretendere di essere e di avere logica: Piango senza senso,/ allasciutto dei tuoi occhi/ sapendo che del ritmo vitale/ nessuno è empio./ La discronia atroce/ delle esistenze fuoritempo.”

Torniamo, allora, al punto di partenza, alle considerazioni iniziali. A quel filo d’erba in un prato immenso percorso magari da un vento di cui non si conosce l’origine e la destinazione, l’inizio e la fine. Essere gli altri vuol dire confrontare la propria individualità con la minaccia della pluralità, con migliaia di contatti, gomito a gomito, pelle a pelle, senza alcuna certezza sulle traiettorie e le angolazioni, senza tornelli e metal detector, senza avere la possibilità di dare una sbirciata preventiva a passaporti e carte di identità. Eppure, afferma Alessandra: “C’è una fortuna nella moltitudine:/ tu non la vedi o non credi;/ ma cè una forza negli sprazzi/quando dellintero solo il ricordo è ammesso./ Forse per questo/ io amo stare dentro i frammenti: perdonami/ per questo tutto/ che non posso volere/ interamente”.

La ricchezza, in poesia, è fatta di contrasti, del sapere accogliere in sé un moto dell’animo e il suo contrario, la luce e il buio, la certezza, il dubbio, il frammento e la totalità. Ed è ancora una volta un atto di coraggio solo in apparenza semplice quel chiedere perdono per ciò che si è e per ciò che non si riesce a volere o a non volere. Per quell’umile e immensa ambizione che è insita nella generosità dell’amare. Ammettere di amare i frammenti, di essere un frammento, è il solo modo di urlare in un sussurro l’amore per il tutto, quella tensione verso un altro e un altrove che sono racchiusi in ogni stilla e in ogni granello, in ognuno di quei passi e di quelle parole, che, con enorme sacrificio, si fanno in direzione contraria alla nostra. L’inferno sono gli altri. La frase è notissima e risuona ancora. Alessandra Corbetta la conosce, anzi l’ha vissuta. Forse per questo vuole farsi frammento. Perché giungere alla frammentazione vuol dire poter ripartire, ristrutturare, in una totalità progressiva e mutevole che possiede la condanna ma anche il dono immenso dell’individualità. Essere gli altri vuol dire avere il coraggio di amare. Forse è questo il senso e la meta. Perché amare vuol dire ad ogni istante distruggere e ricostruire, annientarsi e rinascere. “Resta pure muto:/ il biglietto trovato nel libro scrive una storia/ che non avrà lettori./ Mantieni il tuo silenzio:/ l’esistenza esiste per ogni cosa che non è e non siamo./ Tu non dirlo: io ti amo.”

Questo libro non è naïf. È frutto di anni di esercizio di assimilazione e registrazione della sfera emotiva, di annotazione di stati d’animo, in un crescendo, un perfezionamento progressivo della qualità dell’ascolto e della visione. Ed è un work in progress, un passo ulteriore di un cammino che conduce e condurrà ad un linguaggio più asciutto. Ma, ed è questo l’auspicio, senza perdere quella coraggiosa naturalezza, quel senso di meraviglia che non teme di mostrarsi, che non smette di dire e di dirci di osare, di provare a sentire ciò che ancora, e a dispetto di tutto, al di là di ogni orrore e timore, di ogni paura e distanza, ci rende autenticamente umani.

Ivano Mugnaini

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Alessandra Corbetta nasce a Erba il 4 dicembre 1988.

Consegue la maturità classica al liceo Alessandro Volta di Como nel luglio 2007 e nel settembre 2010 la laurea triennale in Economia e Amministrazione d’impresa presso l’Università degli Studi dell’Insubria, sede di Como, con la tesi “LA CANCELLAZIONE DELLE SOCIETÀ DI CAPITALI DAL REGISTRO DELLE IMPRESE”, curata dalla professoressa Ilaria Capelli.

Nel settembre 2012 arriva la laurea magistrale in Comunicazione per l’impresa, i Media e le Organizzazioni complesse, con curriculum in Organizzazione di eventi, dopo la discussione della tesi “FACEBOOK E LA FOTOGRAFIA: SCATTI DI IDENTITÀ SU NUOVE RELAZIONI FRAGILI” seguita dalla professoressa Chiara Giaccardi, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano.

Nel periodo post lauream Alessandra si dedica a una serie di corsi formativi con i quali intende migliorare la sua preparazione: accanto a quelli di lingua inglese, frequenta un corso in ICT4DEVIS (Information and communication technology for devis) presso l’Università degli studi dell’Insubria, sede Di Como, un corso di alta formazione in scrittura creativa all’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano e infine, un corso singolo di Sociologia presso l’Università degli Studi dell’Insubria, sede di Varese, dove avviene l’incontro con il professor Lelio Demichelis.

Nel settembre 2014 ha frequentato la Summer School in Web Communication per la cultura, presso l’Univesità Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano .

Alessandra partecipa costantemente a concorsi letterari, soprattutto di stampo poetico, dove viene spesso segnalata e grazie ai quali ha potuto pubblicare diverse sue poesie (tra gli altri, Concorso Letterario Europeo Wilde; Premio Internazionale Alda Merini; Concorso Letterario Nazionale Labirinti di Parole; Premio Internazionale di Poesia e Narrativa Europa in Versi; Premio Clemente Rebora; Premio Il Sublime; Premio Ossi di Seppia).

Da novembre 2015 è socia sostenitrice della Casa della Poesia di Como, con la quale collabora per l’organizzazione di eventi artistico-culturali tra cui Il Festival Internazionale Europa in Versi; Alessandra coordina i Social Media dell’Associazione e per la stessa ha creato il sito internet www.lacasadellapoesiadicomo.com che gestisce.

Ha collaborato con la rivista culturale online Alfabeta2.

Dall’ottobre 2014 è writing consultant presso l’azienda TTY CREO dove si occupa della realizzazione di manuali tecnici, divulgativi e di brochure relativi a servizi e software dell’azienda; cura e gestisce la comunicazione istituzionale e pubblicitaria su riviste di settore e tiene di corsi di formazione sulla comunicazione aziendale e telefonica.

Ha frequentato con successo il corso di formazione online in Scrittura Pubblicitaria, diretto dalla scuola di Editoria Digitale Flower-ed a ottobre 2015.

Da gennaio 2016 è iscritta al Diploma di Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa, presso l’Istituto di Scienze dell’uomo di Rimini.

A settembre 2016, dopo aver vinto la prima edizione del Premio Letterario Parole Magiche -sezione Poesia-, ha pubblicato con la casa editrice Flower-ed​, la sua monografia poetica “L’amore non ha via”.

A novembre 2016 è uscito il suo primo romanzo, Oltre Enrico (Cronistoria di un Amore sul finale) per Silele Edizioni.

Da febbraio 2017 è Dottore di ricerca in Sociologia della Comunicazione e dei Media, dopo la discussione della tesi dal titolo “TRA RAPPRESENTAZIONE VISUALE DEL CORPO E NARRAZIONE DEL Sé: PRATICHE DI SELF-PRESENTATION E IMMAGINI DEGLI UTENTI DI FACEBOOK”, seguita dal Professor Giovanni Boccia Artieri presso l’università Carlo Bo di Urbino.

A marzo 2017 ha concluso il corso di formazione online in Scrittura Creativa, diretto dalla scuola di Editoria Digitale Flower-ed.

A settembre 2017, invece, ha ottenuto il diploma per il Master in Social Media Communication della Sole 24 Ore Business School, Milano.

 Per Lieto Colle è appena uscita la sua nuova antologia poetica Essere gli altri.

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