L’ALGEBRA DELLA VITA

ALG VITA copert front

Scrittore realista, dotato di una percezione acutissima di quella psicopatologia della vita quotidiana attraverso cui si esprime il malessere di un’epoca, Ivano Mugnaini, ne L’algebra della vita ( Milano, Greco e Greco Editori, 2011) ci cala in questi racconti, tanto più terribili e coinvolgenti quanto più anodina e ordinaria è la materia di cui sono costituiti, in un universo medio, né sublime, né reietto. Lo sguardo di Mugnaini entra infatti, con sorprendente naturalezza, negli appartamenti, nei salotti, nelle camere da letto, si insinua nei recessi più segreti a fotografare il miscuglio di angosce, di meschinità, di strambi ideali e improvvise emozioni che muovono i personaggi di questa sua minima commedia umana.

Ma c’è di più, la scrittura di Ivano Mugnaini ha qualcosa di singolarmente vigoroso: nella scelta dei vocaboli, nel tessuto asciutto ma tagliente delle frasi, nel suo periodare incalzante eppure equilibrato in cui fonde la fredda precisione del clinico ad una pietas che svela la vocazione etica dell’autore e rende questi racconti piccoli capolavori, a volte venati di un umorismo livido e glaciale. La letteratura, in queste pagine, sembra quasi aggredire e sforzare la realtà, investirla di valore, sentirne il palpitare aggrovigliato e indistinto e immergersi in esso per riconoscere ciò che brucia sia nelle sue immagini apparenti che nella sua più intima profondità.

Mugnaini cerca, in ogni momento della narrazione, una dimensione “forte” della letteratura, scrivere è per lui confrontarsi con la materia viva della corporeità, interrogare ed indagare l’ambiente fisico, storico e quasi biologico dell’esistente, vedere e capire il fondo dell’essere umano nella violenza e nella tenerezza dei rapporti che lo costituiscono, raccogliere il colore dei luoghi e dei tempi, cercare dietro le apparenze del mondo i suoi equilibri sempre provvisori, come le tracce di esperienze vitali sempre presenti a se stesse. La letteratura, che ne L’algebra della vita possiede il dono dell’erranza, cerca così una parola essenziale sulla situazione del mondo, rintraccia il senso del presente spesso rivelato da segni resistenti del passato e da una irrazionalità sotterranea che può suggerire, nel lettore accorto, un’eco luminosa da seguire, come la partitura appassionata e disperata di un crescendo inaspettato.

La bellezza con cui la scrittura si rivela in questo libro, si configura dunque come la via faticosa per forzare la realtà, per catturare nella pagina i particolari sfuggenti e fissarli in una sorta di definitiva e impossibile precisione. Nel succedersi dei racconti, si sente infatti la gioia di un’invadente e sfuggente molteplicità, unita alla disperata ostinazione di chi assedia le cose (e nello stesso tempo se ne sente assediato) e si accosta alle loro forme come a partire da una chiusa, immedicabile, sofferenza: spesso le parole si aggiungono alle parole nell’intenzione di precisare e specificare, di dare contorni più fermi e avvolgenti alla materia e l’effetto di questa ostinazione linguistica è sostenuto da una sintassi dai contorni netti e squadrati, che sfugge ad ogni esito di sfumato, trasferendo la scrittura su un piano di alta tensione letteraria. Mugnaini non cerca un movimento narrativo lineare e uniforme: non ci fa venire incontro, come in un’indagine, il manifestarsi della realtà con un succedersi incalzante di eventi e “esistenti” che, nella loro immediatezza, prevaricano la forma ma con una serie di vere e proprie “stazioni”.

Tutti i personaggi cercano infatti, goffamente o in modo pazzoide e infantile, o con cieca determinazione, un “senso” che vada oltre il loro rabbioso e creaturale istinto di sopravvivenza, in un susseguirsi di racconti che sono appunto delle “stazioni”: ciascuno di essi sembra isolarsi nel bozzolo della propria narrazione, come ad offrire uno squarcio particolare del mondo rappresentato ma, dall’insieme di questi racconti, risulta una logica serrata che conduce, con un movimento circolare, ad una serie infinita di alternanze, segni, figure e richiami simbolici che accompagnano vicende e movimenti dei personaggi, in un incastro archetipico dell’esistente e della sua rappresentazione.

La prosa di Mugnaini segue, con la sua incontenibile volontà di vivisezionare il reale, anche una sorta di ostinata ed incontenibile narrazione poetica, in cui il raccontare è in ogni momento ricerca di senso, interrogazione sul valore dell’esistenza attraverso il tendere alla parola, attraverso le contraddizioni del mondo. Le narrazioni si snodano infatti in un vario emergere di momenti, situazioni, immagini, incontri, ciascuno dei quali rappresenta un nodo da cui si sprigiona una tensione, un viluppo di significati che chiama in causa storia e destino dei protagonisti e che trae luce da uno spasimo radicato nel più profondo abisso del nostro corpo: lo spasimo e la smorfia dell’uomo che sa di essere lo scriba imperfetto e disperato di un destino già scritto e, soprattutto, di una storia che si è costretti a vivere non per scelta.

IL SEGUITO DELL’ARTICOLO FIRMATO DA ANTONELLA PIERANGELI A QUESTO LINK: http://criticaimpura.wordpress.com/2012/10/03/supplementi-dindagine-e-controperizie-sulla-leggibilita-del-mondo-lalgebra-della-vita

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