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corsi di Scrittura Creativa Emozionale

Segnalo volentieri questa iniziativa di Elisir Letterario, con cui collaboro, riportando qui sotto la nota introduttiva di Manuela Minelli pubblicata su Facebook.  IM

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Ripartono i nostri corsi di Scrittura Creativa Emozionale di Elisir Letterario, in presenza e online, di I e II livello. Di oggi la notizia che i racconti di ben quattro delle nostre allieve degli ultimi corsi, terminati a inizio estate, si sono classificate ai primi posti del Premio letterario Una ghirlanda di Libri di Qulture. Noi insegnanti ne siamo fiere e orgogliose
In ognuno dei corsi sono previste lezioni tematiche (romanzo storico, romance, favola, poesia, thriller, ecc) tenute da scrittori ospiti e sessioni di coaching letterario extra. I corsi sono a numero chiuso con classi di 15 persone massimo.
Alla termine di ogni corso tutti i migliori racconti, dopo un accurato editing, verranno pubblicati da una vera casa editrice (no EAP). A fine novembre è prevista l’ uscita del libro dei nostri corsisti.
Per info su programmi, costi (irrisori e alla portata di tutte le tasche) o altro, rivolgersi ai numeri nelle locandine, oppure scrivere a elisirletterario@gmail.com
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corso scrittura emozionale 2
scrittura emozionale 3

Sito e blog Dedalus – rubrica A TU PER TU

Nel 2020 le visualizzazioni sia del blog Dedalus che del mio sito sono molto cresciute.

(Almeno una cosa buona gliela devo riconoscere a quell’anno tanto “amato”)

Molto bene è andata anche la rubrica A TU PER TU. Ringrazio gli autori intervistati.

Se qualche altra autrice o qualche altro autore volesse parlare della sua attività o di un suo libro in particolare, mi contatti a questo indirizzo: ivanomugnaini@gmail.com

Screenshot_2021-01-04 Presentazione rubrica A TU PER TU - Ivano Mugnaini

Ciò che abbiamo tanto amato

L’appiglio per ricordare Ettore Scola è debole, poco più di un pretesto: un suo film, neppure tra i più noti, a dire il vero, che ha praticamente lo stesso titolo di un mio racconto. Il film è Il mondo nuovo (La nuit de Varennes) del 1982, il racconto è Mondo nuovo. Anche il tema è diverso, come l’epoca storica e l’ambientazione. In sostanza, come direbbero a Livorno, “un ci ‘ombina nulla”, non c’entra niente. O forse sì. Perché Scola, senza mai pontificare, ci ha insegnato a guardare con occhio critico nei saloni dei palazzi illuminati a festa da infiniti specchi e candele, o sulle eleganti terrazze romane, e magari ci ha consigliato di tenere vivo un sorriso, anche e soprattutto quando ci vogliono far ricordare che siamo noi quelli brutti, sporchi e cattivi. Allora, soprattutto allora, è bene ricordarci con più forza che c’eravamo tanto amati, e, che, a dispetto di tutto, ciò che abbiamo tanto amato lo amiamo anche oggi.

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MONDO NUOVO

Quando vidi quel cartello pensai ad uno scherzo. Sulla mia solita strada piena di curve e prati stinti, coperti da un velo di gelo di notte e storditi di giorno dal sole e dal niente, spiccava un rettangolo colorato con su scritto “Mondo Nuovo – Inaugurazione”. Rallentai, tolsi il piede dall’acceleratore e la macchina si fermò davanti a quel prodigio di nome, incredula, anch’essa, come il cavallo di Don Chisciotte di fronte ai mulini a vento. Un cartello del genere a mezzo chilometro da casa mia equivaleva almeno a mezzo miracolo, o a tre quarti di presa in giro. Immaginai che si dovesse trattare di una specie di supermercato, un emporio di periferia colmo di oggetti inutili o di terza categoria, oppure, in alternativa, mi venne in mente una balera, una discoteca per tardoni adatti al liscio e alla mazurca ma con qualche rigurgito di rock o funky anni settanta. C’era un solo modo per scoprire se avevo colto nel segno. Di tempo ne avevo a quintali, a tonnellate; avrei potuto perfino fare una donazione, nel caso in cui qualcuno avesse avuto necessità di una trasfusione di noia. Mi avventurai lungo un vialetto asfaltato da poco. Le ruote giravano a meraviglia su quella superficie liscia e invitante, un po’ meno bene giravano le rotelle del mio cervello, poco fluidificate dall’entusiasmo.

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Giunto ad un parcheggio vasto e circolare, vidi spuntare come dal nulla una folla compatta e festante. Feci appena in tempo a spegnere il motore e già tre splendide hostess con un vestito succinto corredato da un paio di loghi del Mondo Nuovo International Group collocati in parti del corpo che era impossibile ignorare, mi avevano preso per mano e condotto, danzanti, in una saletta privata arredata con vasti e soffici divani rosa. Prima ancora che riuscissi ad aprire bocca, mi fu offerto il miele della casa. Era dolce e speziato, al punto che, dopo ogni sorso, ne avrei voluto di più. Ma sul più bello, quando lo sfizio si era fatto fame, le hostess si interruppero, e, con una faccia nuova, quella sì, nuova davvero, al punto che sembrarono d’un tratto invecchiate di trent’anni, mi dissero che per avere ulteriori benefici avrei dovuto sostenere un colloquio pubblico.

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Mi scortarono senza più danzare in un salone grigio e anonimo, un po’ palestra un po’ aula-bunker. Un tipo corpulento, vestito con un completo di Armani che non riusciva a celarne la struttura tozza da ex-buttafuori, mi disse che se volevo diventare socio effettivo del Club Mondo Nuovo, acquisendo in tal modo la disponibilità full-optional delle hostess e di tutti gli altri servizi personalizzati riservati agli iscritti, dovevo dimostrare di meritare tali privilegi.

“Tocca a te, in qualità di aspirante socio, dire come lo vorresti il Mondo Nuovo. Se sarai convincente, resterai qui ed avrai tutto ciò che desideri. Se non lo sarai… beh… lo scoprirai da solo”.

La fuga, perfino mentale, era impossibile. Decine di uomini e donne seduti sugli spalti di quella specie di teatro-arena attendevano nel più vivo e vibrante silenzio la mia richiesta. Mi sentivo come un naufrago di fronte al consiglio degli anziani di una tribù di cannibali di qualche atollo disperso nell’oceano, chiamato ad esprimere un parere che può fare la differenza tra essere eletto re e diventare il piatto del giorno. Sudavo freddo, ma cercavo di sorridere. Sapevo che la mimica facciale influenza in modo non trascurabile la ricezione del messaggio. Avrei dovuto evitare l’eccesso di retorica, ma, con uguale attenzione, avrei dovuto proporre richieste realistiche manifestando zelo e convinzione. Esitai, finché mi fu concesso, presi tutto il tempo che potevo per pensare e valutare, ma, alla fine, dovetti far uscire il fiato dalla gola.

“Io… vorrei… un Mondo Nuovo in cui non ci fosse dolore, rimpianto o nostalgia!”.

Un attimo di silenzio assoluto, interminabile. L’intero pianeta, vecchio e nuovo, pareva essere rimasto a bocca spalancata, l’occhio tondo, ottuso, sbalordito.

Poi, lentamente, in un crescendo che mi restituì il battito del cuore, un’ala dell’emisfero esplose in un applauso. Respirai, rinfrancato. Sulla mia faccia si dipinse l’espressione di un Clinton che già pensa alla Sala Ovale e alle rotondità di Monica Levinskj. Sorrisi, ma improvvisamente mi resi conto che i consenzienti erano tutti raggruppati ed isolati come un drappello di ultras allo stadio. Ed avevano un’altra caratteristica che li distingueva dagli altri: indossavano una casacca arancione stile carcere di Guantanamo.

Una squadra di tipi corpulenti vestiti come il Gran Cerimoniere avanzò verso di loro a passo marziale. Li bastonarono con cieca efficienza. I bersagli di quella burocratica furia non urlarono e non protestarono. Evidentemente nel Mondo Nuovo la pratica era diffusa.

Il portavoce ex-buttafuori mi si rivolse di nuovo con voce ancor più cadenzata e incalzante, modificata solo da un filo di sarcasmo.

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“Sapevamo che avresti commesso un errore. Il più comune e banale di tutti. Ci sei cascato anche tu, come decine di altri prima di te: non dovevi chiedere cosa il mondo nuovo può fare per te, ma cosa tu puoi fare per il Mondo Nuovo! Ci saresti piaciuto molto di più, credimi, se avessi domandato in quale modo potevi diventare più utile e più docile”.

Mi si avvicinò con lo stesso passo e la stessa faccia con cui i suoi omologhi avevano marciato in direzione di chi aveva applaudito il mio breve discorso. Senza smettere di fissarmi negli occhi, mi infilò una mano in tasca e prese il portafogli.

“Per aiutarti a cambiare, inserendoti a dovere nel Mondo Nuovo, dobbiamo conoscerti meglio”.

Estrasse i documenti d’identità e le carte di credito. Se le rigirò con gusto tra le dita, carezzandole quasi, valutandone la consistenza. Sorrise, estasiato, e fu in quel momento che esplose l’applauso convinto di tutto l’emisfero. Notai che i prigionieri mi avevano creato un varco, un corridoio che conduceva all’uscita. Approfittai dell’euforia generale e mi catapultai fuori. La mia macchina era ancora al suo posto; evidentemente era così vecchia e malmessa da non essere stata considerata appetibile per il Garage Multimarca. Era ancora in grado di muoversi, però. Sulla mia solita strada ritrovai i prati stinti, e il sole, ancora caldo. Vecchio, per fortuna, non ancora inglobato dalla Mondo Nuovo Srl. Ancora in grado di far sudare, penare, imprecare, e, magari, sognare.

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